Governo, Letta terrorizzato di “precipitare a elezioni a ferragosto: se esce il M5S cade tutto”
Al termine dell’assemblea congiunta dei gruppi Pd alla Camera, Enrico Letta prova a tirare le somme. Ma il bilancio delle ultime ore di caos nella maggioranza ha davanti un segno meno che mina nella fondamenta le probabilità di sopravvivenza a lungo termine. «L’Italia ha bisogno di un governo non di una crisi o di precipitare a elezioni a ferragosto», esordisce non a caso il segretario dem al vertice con deputati e senatori. Dove poi, a stretto giro, ribadendo quella che per lui si mostra come una soluzione nefasta, aggiunge: «Questo governo – rimarca Letta – può funzionare solo in questo formato e in questa configurazione. Era chiaro già quando è nato». E ancora: «Nel momento nel quale il governo mette al centro della sua azione la lotta alla precarietà, credo sarebbe paradossale mettere in crisi il governo».
Letta alla resa dei conti con l’alleato grillino
Letta barcolla ma non molla. E a metà strada tra resa dei conti e tentazione di un compromesso, aggiunge anche: «Non voglio che venga visto come un ricatto, ma se una forza politica importante come M5S esce dal governo, non è per ripicca che diciamo che cade tutto e si va al voto. È la logica delle cose. Ed è quello che hanno detto ieri Salvini e Berlusconi: è una considerazione ovvia», continua Letta. Che infine, calando tutte la carte sul tavolo, prova a fare un ultimo, disperato appello (evidente tra le righe) alla responsabilità, asserendo: «Dico con grande forza a chi pone una serie di questioni e una svolta che noi, questa svolta, l’abbiamo vista. E intravisto la possibilità concreta di una svolta sociale, perché i prossimi 9 mesi siano i mesi in cui il governo risponde alla crisi».
«Non vorrei che si finisse come con il colpo di pistola di Sarajevo»
«Anche noi abbiamo dei punti che non trovano consenso in questa maggioranza. È naturale che questi distinguo si esplicitino, lo ritengo legittimo. Ma dico: attenzione, perché non vorrei che con i distinguo si finisse come con il colpo di pistola di Sarajevo che diede il via alla prima guerra mondiale. Nessuno vuole che i distinguo divengano il colpo di pistola di Sarajevo», sottolinea quindi apertamente il segretario dem. Poi rileva polemicamente: «Io penso che il capro espiatorio sia il tema centrale. La logica di Malaussene dobbiamo toglierla dal tavolo. Non possiamo metterci alla finestra e fare campagna elettorale da oggi», è la veemente considerazione conclusiva di Letta che però sa bene di dover fare i conti con le schegge impazzite del M5S. Le stesse che premono sul leader Conte.
L’appello di Letta alla «responsabilità di tutti: completiamo l’agenda sociale del governo»
Letta insiste a più riprese sulla necessità di stringere la cinghia e tirare avanti. Ripertica più volte – tra moniti e solleciti veementi – nelle considerazioni ai suoi, i temi che affollano l’agenda del governo in questa fase: dalla lotta alla precarietà, al salario minimo, passando per la mannaia dell’inflazione. E, rimarca in rosso, Noi vorremo che ci fosse un governo nel pieno dei poteri quando ci sarà la riunione delle parti sociali». Mentre, la mette un po’ sull’aut aut il segretario Pd, «se cade il governo quella riunione non ci sarà. E noi non daremo risposte a giovani e famiglie»… Rilievi e rimandi che culminano poi in «un appello alla responsabilità di tutti. Andiamo avanti – chiosa Letta –. Completiamo l’agenda sociale del governo. I distinguo non trascinino con sé le l’opportunità per tanti italiani».
Il punto è anche bypassare le urne?
E, sembra sottinteso, l’occasione del Pd di governare bypassando le urne, per chiamata diretta ancora una volta… Tanto che, a quanti hanno criticato una certa “afasia” del Pd in questa fase, il segretario dem replica: «La politica è mediazione e compromesso, se c’è bisogno di dire una parola in meno noi diciamo una parola in meno, se serve ad ottenere il risultato». E a questo punto il discorso di Letta si fa più che chiaro…