I giudici graziano Baby Gang: niente sorveglianza speciale. Rap violenti? Libera espressione del pensiero

1 Lug 2022 12:40 - di Lara Rastellino
Baby Gang

E sono due. Ancora una volta, i giudici bocciano la richiesta di sorveglianza speciale di quattro anni per il rapper di Lecco, Zaccaria Mouhib, in arte Baby Gang. Per i magistrati, i testi delle sue canzoni rientrano nel «diritto di manifestare il pensiero». È la seconda volta che succede. Con un bis, dunque, i togati respingono al mittente la richiesta di considerare e trattare il giovane ribelle come un sorvegliato speciale. Lui, libero di cantare e di istigare. Di arricchirsi – grazie a un maestoso seguito sui social e un contratto dai guadagni milionari con una una major musicale – intonando strofe minacciose come: «Entro in banca vesto nero completo/ Arma in testa finirai al cimitero/ Capobanda capobranco arma contro il direttore/ Forse è meglio che stai calmo sto mirando dritto al cuore». “Versi” interpretati in Aula come “libera espressione” di un pensiero.

I giudici graziano il rapper Babyu Gang

E poco importa l’efferatezza del messaggio e la violenza verbale che lo estrinseca. Per la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano la richiesta va respinta al mittente. Si ripete, insomma, il copione della bocciatura di una richiesta analoga arrivata tempo addietro dalla questura di Sondrio. Così, pur riconoscendo che i testi di Baby Gang, al secolo Zaccaria Mouhib, siano «intessuti di marginalità sociale, droga, vita violenta, esibizionismo, sessualità esplicita». E che i di questo rapper ventunenne abbondano di armi, auto di lusso, soldi facili delle canzoni, graziano ancora una volta “la star” emergente della scena milanese che incassa successi social e discografici. Oltre che sentenze a suo favore che “assolvono” parole, opere e azioni del rapper, permettendogli di continuare a inneggiare con i suoi brani a modelli di vita quantomeno «non auspicabili», per usare le parole dei giudici. Perché: tutto quel che Baby Gang dice nelle canzoni «è coperto dal diritto fondamentale di manifestazione del pensiero».

E bocciano la richiesta di sorveglianza speciale

Dunque, con un provvedimento fotocopia di quello di Sondrio, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano, rigetta l’ultima richiesta di misura di sorveglianza speciale per quattro anni che la Questura di Milano aveva proposto. Per i giudici il rapper simbolo della Seven 700 del quartiere San Siro di Milano (anche se vive a Sondrio), non può essere definito «socialmente pericoloso». Anzi, il passaggio sulla libertà di espressione nel decreto è solo incidentale. Tanto che il testo recita: «Un prodotto musicale ritenuto difforme dai modelli auspicabili resta coperto dal diritto fondamentale di manifestazione del pensiero e può essere accostata ad una misura di prevenzione personale solo se connessa alla consumazione abituale di delitti, di cui mancano gli estremi», si legge nelle motivazioni dei giudici meneghini, che hanno accolto la tesi difensive del rapper. Oltre ad escludere che il soggetto «sia attualmente coinvolto nell’uso delle armi, negli spacci e nelle violenze di cui tratta nelle canzoni».

I testi violenti di Baby Gang? «Libera espressione di pensiero»

Anche per questo, si legge ancora nel decreto, le sue canzoni sono coperte «dal diritto fondamentale di manifestazione del pensiero e possono essere accostate a una misura di prevenzione personale solo se connessa alla consumazione abituale di delitti». Di cui, in questo caso, per il Tribunale milanese Misure di prevenzione mancherebbero «gli estremi». Non solo. Come riporta La Stampa analizzando il caso: «Il suo certificato penale riporta l’unico precedente per fatti commessi cinque anni fa», quando aveva quindici anni. E anche l’ultima accusa che gli viene mossa – una presunta resistenza a pubblico ufficiale nell’aprile scorso, quando venne fermato per un controllo con un amico – si è già risolta per direttissima con una sentenza che «ha stabilito l’insussistenza del fatto». Insomma, tutto a posto. La carriera del rapper è salva. E la sua libertà di muoversi e ribellarsi al sicuro. Un po’ meno gli agenti a cui capita, di tanto in tanto, di dover contenere tanta arte e libertà di espressione…

 

 

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