“Lie to me”: quelle bugie a “stelle e strisce” per fermare l’avanzata della Meloni in Italia
Uno sciocchezzaio in salsa yankee animato da agit-prop progressisti travestiti da analisti imparziali e pensosi. Non ci sono altri termini per giudicare l’allarme lanciato a testate unificate da New York Times, GZero, Foreign Policy sul “pericolo Meloni“. «Se tre indizi bastano a fare una prova – s’è affrettato a chiosare Repubblica – qualche dubbio sul collocamento della Meloni, Washington ce l’ha (…)». Sarà pure, ma sulla scorta di quali elementi? Se sono quelli sciorinati da David Broder sul Nyt, si può stare tranquilli. Parlando, infatti, delle radici di Fratelli d’Italia l’analista ne scruta il simbolo, concludendone che è lo stesso «adottato dai luogotenenti sconfitti del regime di Mussolini».
La Meloni descritta come una reazionaria
A questo punto, uno appena distratto penserebbe al fascio littorio. Ma sbaglierebbe: il logo incriminato è la Fiamma tricolore, simbolo che campeggia in Parlamento ininterrottamente dal 1948 prima con il Msi, poi grazie ad An e ora a FdI, tre partiti che hanno sempre perseguito finalità democratiche con modalità democratiche. E scusate se è poco. Ovviamente Repubblica si è guardata bene dal ricordarlo. In compenso, ha strologato su nazionalismo, lotta all’immigrazione clandestina, declino dell’Occidente apparecchiandoli come altrettanti virus da scansare. Ma tant’è: al loro confronto diventa un dettaglio trascurabile persino la determinazione mostrata da Giorgia Meloni sulla guerra in Ucraina. Sul punto, la stessa Repubblica è costretta a barcamenarsi. Broder, scrive, «riconosce la linea atlantista, ma sottolinea l’agenda reazionaria».
La dittatura del politically-correct
Di certo quella della leader della destra non è l’agenda-Draghi, ma – come si dice? – non si può avere tutto dalla vita. Comunque sia, non è tanto l'(inesistente) antiamericanismo della Meloni a preoccupare i think-thank Usa quanto il suo preteso euro-scetticismo. Siamo alle solite: o si aderisce al mainstream o si è destinati alla reductio ad hitlerum. Esito che non stupisce, almeno alla luce delle tendenze in voga, e non da ora, negli States: prima il politically correct, poi il pensiero unico, ora la cancel culture. Chi è fuori da questo perimetro non ha diritto a governare, neppure se vince le elezioni. Succedeva ieri con comunisti della falce e martello, accade oggi con i luogomunisti a stelle e strisce.