Ma quale “gli Usa sono preoccupati”: Washington smentisce gli allarmi di De Benedetti su Meloni premier
Piace molto, a sinistra, la tesi secondo cui “gli Usa non la vogliono”: Giorgia Meloni premier, s’intende. L’ultimo a rilanciarla, con toni da allarme catastrofico, è stato Carlo De Benedetti, in quella sua intervista di ieri a Repubblica in cui invocava un nuovo «Cln» e avvertiva sull’ostilità americana a un governo di destra, una prospettiva nientemeno «orripilante» per Washington, secondo le parole dell’ingegnere.
La sinistra italiana si crede “portavoce” degli Usa su Meloni premier
«So per certo, dalle mie fonti nel Dipartimento di Stato, che l’amministrazione americana considera orripilante la prospettiva che questa destra vada al governo in Italia», sono state le parole di De Benedetti, secondo il quale «la gente deve essere informata. Deve sapere a cosa va incontro», perché «questa destra va fermata» ed è chiaro che se gli americani sono scontenti in qualche modo la pagheremo. Si tratta di una posizione ampiamente sbandierata dai progressisti nostrani, con quei loro continui richiami ai consessi internazionali, alle «cancellerie» come usa dire.
Ma i veri portavoce smentiscono: «Usa e Italia sono stretti alleati»
Ma cosa c’è di vero in questi allarmi? Ieri, l’agenzia di stampa LaPresse si è presa la briga di andare a verificare le parole di De Benedetti, sentendo un portavoce del Dipartimento di Stato Usa. «Rispettiamo e sosteniamo il processo costituzionale italiano», ha detto, aggiungendo che «non commentiamo le questioni politiche interne italiane», precisando tuttavia che «Stati Uniti e Italia sono stretti alleati con una forte partnership fondata sui valori condivisi della democrazia, dei diritti umani e della prosperità economica. Continueremo a lavorare insieme a stretto contatto su una gamma di importanti priorità, compreso il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa».
Opinione pubblica o opinion maker liberal?
Non una sfumatura, insomma, consente di pensare a qualche forma di preoccupazione per l’avvento della destra a Palazzo Chigi e, semmai, il richiamo al sostegno all’Ucraina suona come una rassicurazione sul fatto di avere ben presenti le posizioni di FdI. Dunque, non ci sono basi istituzionali per dire che “gli americani non la vogliono”. Resta il tema dell’opinione pubblica, di quegli articoli in stile New York Times su quanto sia pericolosa (anche) la destra italiana e quanto sia stata un disastro la caduta di Draghi, così ampiamente rilanciati da noi.
Anche sul NYT c’è chi ammette: «La credibilità viene dal mandato popolare»
Epperò, perfino nel tempi della stampa liberal non tutti la pensano così. «Draghi era stato insediato per sbloccare una situazione di impasse a inizio 2021. Per quanto sia stato rispettabile e capace, le sue dimissioni rappresentano un trionfo della democrazia», ha scritto l’opinionista Christopher Caldwell, le cui parole sono riportate oggi dal Corriere della Sera. «In una democrazia – ha proseguito – la credibilità viene dal mandato popolare. In un governo tecnico dalla connessione con i banchieri e l’establishment. In questo caso non è chiaro se la democrazia sta chiedendo aiuto alle istituzioni finanziarie o se le istituzioni finanziarie hanno messo la democrazia in un angolo».