Obbligatorio dire “senatrice” e “ministra”: c’è la crisi al Senato ma il M5S impone di votare le “boldrinate”…
In piena crisi di governo, tra guerra, Pnrr, Covid ed emergenza economica, al Senato il M5S non vota il dl Aiuti, sfiduciando di fatto il premier Draghi, ma impone una “fondamentale” battaglia sulla parità di genere, nel nome di Laura Boldrini e delle sue “boldrinate”, l’ultima della quale è stata la crociata contro le Barbie.
Senatrice e ministra, il Senato monopolizzato dalla battaglia del M5S
Ieri a Palazzo Madama un emendamento al nuovo regolamento all’esame della Giunta, a firma Alessandra Maiorino, M5S, è stato approvato con il sì dei relatori prevede di aggiungere in tutte le comunicazioni istituzionali i nomi dei ruoli e funzioni declinate al femminile, come «senatrice», «la presidente» o «ministra». Una battaglia che aveva portato avanti Laura Boldrini da presidente della Camera, quando aveva invitato, con una lettera, tutti i deputati a un uso “corretto” di forme di linguaggio di genere secondo il genere della persona cui esse si riferiscono”. Al Senato, però, un voto segreto potrebbe affossare la regola. “Sarebbe uno schiaffo alle donne e a tutte le senatrici, un’ostinazione immotivata e ideologica”, dice la Maiorino. “Sarebbe del tutto pretestuoso”, concorda proprio Laura Boldrini.
L’adeguamento del linguaggio ai “tempi moderni”
L’obiettivo dell’emendamento grillini è adeguare di fatto ai tempi il linguaggio aggiungendo in tutte le comunicazioni istituzionali – compreso il testo del regolamento – i nomi dei ruoli e funzioni declinate al femminile ad esempio “senatrice” oltre che senatore, “la presidente” o “la ministra”.
Per diventare effettiva, la novità dovrà avere l’ok dell’Aula, ma non prima della prossima settimana, visto che oggi è in calendario l’esame del decreto Aiuti. Altre novità, contenute in emendamenti, sono il numero minimo di componenti necessari per la formazione di un gruppo che passa a 9 dagli attuali 10 senatori, il budget dei gruppi quando un parlamentare cambia casacca (si ripartirà per il 50% al gruppo di provenienza, il 30% a quello di approdo e il 20% al budget del Senato) e la possibilità di chiedere una procedura abbreviata con l’indi