Pietro Caporilli e “L’asso di bastoni”, il “Canard Enchaine” del neofascismo italiano. La prefazione del libro

18 Lug 2022 12:13 - di Mario Bozzi Sentieri

Per gentile concessione delle Edizioni L’Arco e la Corte (info@arcoelacorte.it)  pubblichiamo uno stralcio della prefazione di Mario Bozzi Sentieri a I racconti della guerra tradita a cura di Pietro Caporilli.

Nell’ampia e stratificata memorialistica di guerra, relativa al secondo conflitto mondiale, i Racconti della guerra tradita rappresentano un’esperienza originale, tra le prime in materia.

L’opera, edita, nel 1950, per i tipi della Ardita, era nata, di fatto,  in un giorno del giugno 1949,  nel carcere romano di Regina Coeli, cella n.423 del IV braccio “politici”, dove “soggiornavano” dal 20 febbraio dello stesso anno, il giornalista e scrittore Piero Caporilli e la redazione del settimanale di cui era fondatore e direttore, “Asso di bastoni”, imputati di apologia del fascismo per avere esaltato i combattenti  della X.ma Flottiglia Mas e le loro gesta. Dietro le sbarre,  a Caporilli venne l’idea di lanciare sulla rivista un concorso per un “Racconto di guerra”, che – si legge nel bando –  “suoni esaltazione delle virtù eroiche  e cavalleresche del soldato italiano nella guerra del sangue contro l’oro nel periodo compreso tra il 10 giugno 1940 e il 28 aprile 1945. Il racconto, inedito, deve trarre lo spunto da un reale fatto d’arme individuale o collettivo – scevro da qualsiasi considerazione di carattere politico – e deve essere contenuto al massimo in 8-10 cartelle dattiloscritte. I lavori debbono pervenire alla Direzione del giornale, in triplice copia, non oltre le ore 24 del giorno 15 agosto 1949. Ogni racconto  dovrà essere contraddistinto da un motto ripetuto su una busta sigillata che dovrà contenere il nome e l’indirizzo del concorrente”.

Secondo aspetto significativo dell’iniziativa  avere puntato sull’opera collettiva e sui giovani, coloro che, protagonisti, in prima linea,  delle imprese belliche, dovevano manifestare – come scrive Caporilli presentando i Racconti della guerra tradita – “non già – secondo la morale corrente – vergogna, ma orgoglio” per il loro impegno bellico, nella “guerra del sangue contro l’oro”. (…)

Terzo elemento –  da sottolineare – la larga partecipazione al concorso, lanciato da “Asso di bastoni”.   All’invito risposero infatti  176 autori.

La  larga partecipazione al concorso, la qualità dei racconti, lo stile delle diverse narrazioni conferma il valore degli  autori, alcuni dei quali occuperanno, negli anni seguenti, ruoli politici significativi  e si distingueranno per l’impegno culturale. Tra questi il vincitore, Renzo Lodoli (combattente in Spagna, volontario di guerra,  tra i fondatori del Msi, ingegnere di successo, presidente dell’ Associazione combattenti italiani in Spagna), Bartolomeo Zanenga (grande studioso della  tradizione popolare e dei  poeti dialettali bellunesi, ma anche vicedirettore del “Candido” di Pisanò), Carlo Mazzantini (combattente, a diciassette anni, nell’esercito della Rsi, poi docente all’estero, redattore dell’ Enciclopedia Italiana Treccani, la figura più nota della memorialistica e della narrativa legata alla Rsi), Marcello Perina (giovanissimo volontario nella Rsi, tra i fondatori del Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori del Msi, dirigente industriale di successo, esponente del Msi romano, vicino a Pino Rauti).

Il successo del concorso per un “Racconto di guerra” è strettamente legato alla figura di Caporilli e alla pubblicazione da lui fondata  e diretta, “Asso di bastoni”.

Caporilli (nato a Alatri, in provincia di Frosinone, il 3 novembre 1901) aveva partecipato giovanissimo all’impresa fiumana e poi alla marcia su Roma. Durante il fascismo si era dedicato  all’attività giornalistica, come redattore e  collaboratore di varie testate (“Il Tevere”, “Giornale di Roma”, “Popolo d’Italia”, “Gioventù fascista”).  Per le edizioni Ardita aveva pubblicato  il libro L’Assedio dell’Alcazar da cui verrà tratto, nel 1940,  il soggetto per il famoso film omonimo, diretto da Augusto Genina. Direttore dei quotidiani “Il Veneto” e “Il Corriere Veneto”  e – durante la R.S.I. –  del settimanale “La Domenica del Corriere”, durante la seconda guerra mondiale è  volontario sui sommergibili come corrispondente di guerra per “Il Giornale d’Italia”. Nel dopoguerra riprende l’attività di scrittore e giornalista pubblicando giornali e riviste di taglio popolare e di grande diffusione. Tra queste “Asso di bastoni”.

Caporilli svolge un ruolo importante di “raccordo” con gli  ex combattenti della Rsi, reduci ventenni in cerca di una dimensione politica ed impegnati sul fronte del dibattito politico-ideologico interno al  neonato Msi. Anche per questo è ricordato con affetto dalla giovane pattuglia dei collaboratori di “Asso di bastoni”. (…)

La rivista, che, per apologia del fascismo o per l’accusa di diffamazione, subisce ben 56 processi in quattro anni (i responsabili della testata vengono tuttavia condannati a soli sette mesi di carcere, in parte scontati) balza agli onori delle cronache per la ricostruzione dell’assassinio di Ettore Muti (ucciso – si dice – su ordine del Maresciallo Badoglio), per la vicenda Mauceri (l’Ammiraglio della Marina Militare Italiana accusato di tradimento a favore degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale), per il processo contro Edoardo D’Onofrio (deputato comunista reo di aver svolto “al servizio della polizia russa deleteria propaganda fra i prigionieri italiani allo scopo di intimorirli e determinare il crollo della loro resistenza fisica e morale”), per la denuncia contro il Ministro della Difesa Pacciardi (accusato di “intelligenza con gli Stati nemici dell’Italia”, attraverso l’organizzazione negli Stati Uniti della “Legione Italia Libera”).

E’ per questa miscela di satira, di spregiudicatezza nel linguaggio, di inchieste e di denunce aggressive,  che non è improprio  assimilare “Asso di bastoni” al ben più noto e longevo  “Le Canard enchaîné”, il settimanale satirico francese famoso per l’abbinamento di  servizi di inchiesta, di articoli satirici e di vignette umoristiche. (…)

Nel 2012 il Comune di Roma ha deciso di inserire il nome di Pietro  Caporilli  (deceduto il 16 dicembre 1977) nella toponomastica della Capitale, intestandogli lo slargo tra Via Filippo Meda e Via Achille Benedetti (Municipio V). Un riconoscimento, sintetizzato nella targa che lo identifica come “giornalista – storico – scrittore”, che  riconsegna alla memoria la figura di un personaggio d’altri tempi, appassionato, autenticamente votato ad un’Idea di patriottismo che egli vedeva concretamente espressa dai soldati dimenticati, discriminati, reietti, di cui egli si sentì – in fondo – l’Apostolo laico.

Piero Caporilli (a cura di),  I racconti della guerra tradita, L’Arco e la Corte, Bari 2022, pp. 287, Euro 20,00.

 

 

 

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