“Trucchetto” in extremis per salvare Draghi togliendo la fiducia, ma il lodo-D’Incà fallisce
Alla fine, intorno alle 13, il governo ha posto la fiducia al Senato sul dl Aiuti, che si inizierà a votare alle 14.30, con la contemporanea decisione del gruppo M5S di uscire dall’aula. Ma nelle ore precedenti era andato in atto un patetico, e disastroso tentativo, di salvare il governo Draghi con uno stratagemma: chiedere ai gruppi parlamentari di ritirare gli emendamenti al Dl Aiuti per trasformare il voto di fiducia, come annunciato, in un semplice voto senza conseguenze politiche. Protagonista dell’iniziativa, il ministro grillino per i Rapporti con Parlamento, Federico D’Incà.
Il tentativo di non far votare la fiducia…
Mentre al Senato andava avanti la discussione generale sul dl Aiuti, fuori dall’Aula a tenere banco in Transatlantico era il tentativo di mediazione in extremis messo in atto dal ministro M5S, Federico D’Incà, per sminare la crisi evitando il voto di fiducia. Il ministro prima dell’inizio dei lavori, ha sondato i capigruppo di maggioranza per verificare la possibilità di un accordo politico per arrivare al via libera del decreto -che scade il 16 luglio- con un esame in tempi contingentati senza porre la fiducia.
Q un certo punto, però, il capogruppo di Iv, Davide Faraone, spiegava in aula che palazzo Chigi non sarebbe stato affatto a conoscenza del ‘lodo D’Incà’, tuonando contro l’iniziativa. “Trovo veramente incredibile che il ministro dei Rapporti con il Parlamento del M5S, all’insaputa del presidente del Consiglio Draghi, convochi i capigruppo di maggioranza al Senato, per chiedere se sono d’accordo a votare il dl Aiuti senza mettere la fiducia, esaminando i singoli emendamenti e mettendo a rischio più di 24 mld di aiuti agli italiani”, denunciava Faraone.
Di lì a poco Draghi faceva sapere di aver dato parere negativo al lodo D’Incà chiedendo di porre la fiducia, che puntualmente veniva annunciata in aula dallo stesso D’Incà.