Addio a Mikhail Gorbaciov, l’uomo della perestrojka e della glasnost
Scompare a 91 anni l’uomo della perestrojka, l’ex-presidente dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov.
A dare la notizia, la Central Clinical Hospital. “Mikhail Sergeevich Gorbaciov è morto questa sera dopo una grave e lunga malattia”, ha fatto sapere il Central Clinical Hospital.
L’ex-presidente era stato ricoverato in ospedale nel 2020, “all’inizio della pandemia di coronavirus”, su richiesta dei medici. E le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi mesi e, dal 20 giugno, Gorbaciov era sotto la costante supervisione dei medici.
Gorbaciov, ha annunciato, alla Tass, una persona che conosceva i desideri dei parenti dell’ex presidente, sarà sepolto nel cimitero di Novodevichy a Mosca, in una tomba di famiglia, dove potrà riposare accanto alla moglie Raissa, scomparsa nel 1999 e mai amata dai russi: “Mikhail Sergeevich sarà sepolto accanto a sua moglie Raissa al cimitero di Novodevichy”.
“Io e Raissa abbiamo convissuto quasi 50 anni senza mai separarci ed essere di peso l’uno per l’altra. Insieme siamo stati sempre felici”, scrisse nell’autobiografia romanzata “A tu per tu con me stesso” pubblicata nel 2013.
Di origini contadine, nato nel 1931 a Primorie, a Stavropol, Mikhail Gorbaciov è considerato dai russi colui che ha distrutto l’Unione sovietica ma l’Occidente lo ha molto amato per il suo spirito innovatore che, tuttavia, non seppe portare fino in fondo.
Ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1985 al 1991, Gorbaciov fu propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost‘, e protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell’Urss e alla riunificazione della Germania.
Artefice, con la sua politica, della fine della guerra fredda, fu insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace.
Nel 1989 fu il primo leader sovietico a incontrare un Pontefice, un evento storico.
Ritirò le forze sovietiche dall’Afghanistan e autorizzò il rientro a Mosca del dissidente Andrei Sakharov, ponendo fine al suo esilio a Gorki. Autorizzò le prime imprese private in Unione sovietica.
Pose fine alla guerra fredda e all’incubo nucleare negoziando il Trattato Inf contro il dispiegamento di missili strategici a medio raggio, firmato con Ronald Reagan nel 1987 e, poi, il primo Start, per la riduzione delle testate nucleari, firmato nel 1991 con George Bush padre.
Il suo spirito riformatore, per far decollare l’economia interna, non seppe cogliere i rischi impliciti di quell’operazione che doveva coniugarsi con l’esistenza di una nomenklatura, quella che era l’elite al potere, tutt’altro che disponibile a cedere il passo.
Fu Gorbaciov stesso, appena diventato segretario generale del Pcus, a chiamare accanto a sé, nel 1985, Boris Eltisn che, poi, lo scavalcò arrivando ad umiliarlo nel 1991 quando gli intimò pubblicamente di leggere un testo in Parlamento. Cosa che Gorbaciov fece controvoglia mostrando, in quel momento, al mondo, la sua debolezza.