Calenda a Letta: “Serve un programma, non può unirci solo la paura di far vincere la Meloni” (video)
Carlo Calenda in un video appena pubblicato sui suoi social, spiega quali sono le condizioni poste a Enrico Letta. “Abbiamo chiesto due cose, a me sembra davvero il minimo sindacale per non mettere insieme una accozzaglia totalmente incoerente e di scarsa qualità. Se la risposta sarà no, intanto che arrivi perchè la stiamo aspettando, allora la responsabilità della rottura sarà interamente sua e noi a viso aperto andremo a combattere con una proposta di governo credibile per bloccare l’avanzata della Meloni”.
Su Twitter il leader di Azione ha risposto a molti utenti che gli chiedono delle scelte di Azione per le prossime elezioni e dell’alleanza con il Pd. “Non abbiamo posto veti sulle persone, ma solo chiesto che i nostri voti non vengano usati per eleggere persone che rappresentano tutto ciò che abbiamo combattuto in questa legislatura. Non abbiamo chiesto “un solo programma” ma un minimo di coerenza per essere credibili”.
“‘Imbarchiamo di tutto, facciamo come ci pare, tanto se non accettate vi accusiamo di far vincere la Meloni’; non funzionerà. Non abbiamo accettato la stessa logica su Conte/campo largo. Nel caso fermeremo la Dx sul proporzionale battendoci a viso aperto”, spiega il leader di Azione che poi in un altrio tweet chiarisce: se “avremo stabilito che la corsa del PD non è per vincere ma per perdere prendendo un voto in più rispetto a Fratelli d’Italia. E siccome le corse a perdere non le amo, combatteremo per fermarli negli uninominali”.
Calenda: “Aspettiamo una risposta da Letta”
Calenda ricorda a Letta un dato inoppugnabile: “La realtà è che fatta così questa coalizione perde. I nostri elettori non votano Di Maio/Fratoianni negli uninominali e non prendo voti moderati su patrimoniali, dote ai 18 e no ai rigassificatori. Il PD lo sa benissimo. Le ns richieste sono sensate”. L’ex ministro sottolinea: “Non faccio chiusure. Non chiedo di escludere Di Maio o Fratoianni. Fate, ma sulla quota proporzionale, così che chi non vuole votarli lo possa fare. Così ci regoleremo noi sulle candidature potenzialmente divisive”.
Una posizione che il leader di Azione aveva già anticipato in un’intervista al Corriere della Sera. “Siamo molto delusi dalla discussione con il Pd. Abbiamo iniziato un percorso con Enrico Letta che parlava di agenda Draghi. Oggi quell’agenda è totalmente sparita. Abbiamo presentato un documento preciso su come intendiamo governare il Paese. Non abbiamo avuto alcuna risposta”. Poi Calenda prosegue: “È una settimana che gli chiedo di rispondermi ed è una settimana che entrano nella coalizione persone che rappresentano il contrario di quello che dovremmo fare”.
Calenda fa a Letta gli esempi di Bentivogli e D’Inca
A titolo di esempio, Calenda sottolinea: “Letta invece di far entrare Marco Bentivogli fa entrare Federico D’Incà che non ha votato la fiducia. Come si fa? Questa coalizione sta diventando una roba improponibile: ci facciamo ridere dietro”. Tuttavia, “non chiudiamo la porta al dialogo”ma “abbiamo chiesto a Letta due cose precise, non chiacchiere e appelli. Primo, non un voto di Azione e +Europa può andare a Di Maio, Fratoianni e Bonelli. Visto che il Pd ci tiene tanto a candidarli lo facesse nel proporzionale e nella lista Democratici e progressisti. Noi non candideremo negli uninominali Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che pure sono ministre in carica del governo Draghi, proprio per trovare tutte le soluzioni che uniscono. Secondo, va bene avere programmi diversi. Ma non contraddittori. Chiediamo un incontro per definire i punti programmatici comuni”.
Il leader di Azione svela il trucco: “A Roma ho corso per far vincere Gualtieri”
Calenda, fra l’altro, avverte che la destra si batte “con una proposta di governo, non con le ammucchiate. Altrimenti meglio è per l’Italia che Azione e +Europa sfidino fuori dalla coalizione con coraggio e serietà la destra senza zavorre. Abbiamo levato a Forza Italia la sua parte migliore e più responsabile. Possiamo ripetere il risultato di Roma e determinare la sconfitta della destra sovranista”. Né vale l’accusa di rompere il fronte anti-destra: “Non crediamo e non abbiamo mai creduto alla forza delle coalizioni contro. Questo modo di fare politica ha distrutto il Paese e screditato i partiti. Appelli generici al voto utile non funzioneranno perché i cittadini non ne possono più del trasformismo e della retorica. In questa legislatura tutti si sono alleati con tutti. E noi non vogliamo avere nulla a che fare con chi ha fatto cadere l’italiano più illustre nel mondo”, conclude il leader di Azione.