E’ morto Salvatore Dino, un editore puro che dedicò la vita ai libri e all’amicizia
E’ morto Salvatore Dino, editore, imprenditore. Aveva un “progetto”, lo chiamava in tal modo. Veniva all’inizio da Ugo Spirito, poi da Luigi Zampetti, infine da me. Ugo Spirito aveva pubblicato con Dino il testo: La rivoluzione in Iran. Dino era in contatti amichevoli con lo Scià Reza Pahlavi. Lo Scià intendeva modernizzare il suo Paese, anche se in modi verticali, dall’alto, e Spirito tracciò un andamento di economia mista Stato/Privati dettagliato, in ogni campo. Il testo fu diffuso in migliaia e migliaia di copie, ma gli avvenimenti della sollevazione integralista islamica misero fine alla trasformazione.
Salvatore Dino, i rapporti con lo Scià Reza Pahlavi
Dino rimase in contatto con lo Scià, la cui sorella fu sua ospite ,ed anche Farah Diba, che era persona del tutto europea, anche nell’abbigliamento. Successivamente il “progetto” prese forma da Pierluigi Zampetti, docente cattolico. Zampetti era un convinto teorico della “partecipazione” agli utili e pubblicò per Dino testi a riguardo. Di mio non ero e non sono della stessa opinione e pubblicai, con Dino: “Lavoratore imprenditore”, nel quale prospettavo la proprietà completa dei lavoratori dell’impresa non con l’esclusione della impresa del proprietario privato tradizionale ma coesistendo. I progressi tecnologici, la produttività elevata, l’automazione rendevano, rendono, per me, inevitabile anche l’autoccupazione dei lavoratori, non esclusiva, ripeto. Due possibilità(o altre) di impresa, l’imprenditore privato e i lavoratori imprenditori.
Un cenacolo culturale
Nella fantastica villa sull’Appia Antica che Dino accresceva direi quotidianamente attivammo incontri culturali , venivano tutti, da Domenico Fisichella a Maurizio Gasparri, Rocco Buttiglione,e Umberto Capuzzo, Nicola Abbagnano, Vittorio Mathieu, Battista Mondin , teologo internazionale; Augusto Del Noce, vari Cardinali, Doddis, presidente delle PMI, Gustavo Selva, Franz Maria D’Asaro, Francesco Grisi, ma cito a memoria, era un’ondata. Io curai una collana, Ragione e Tempo, vi pubblicarono testi Abbagnano, Buttiglione, Mathieu, Aldo Di Lello, Capuzzo, io stesso.
L’uomo, i libri, le amicizie
Conobbi Salvatore Dino nel 1980, avevo già collaborato con un testo riguardante il Pontefice Giovanni Paolo II, curato da Francesco Mercadante. Fu Grisi che mi chiese di accompagnarlo da Dino, in una traversa di viale della Regina, Nomentana, una villetta in stile Liberty, vetrate colorate, statuette greche. Da quel momento, 1980, trascorso qualche mese dalla conoscenza, non ci fu giorno in cui non ci sentissimo, settimana in cui non ci vedessimo. Pubblicai un libro, “La Quarta Scelta”, che immaginava l’automazione e il dramma di una società in cui scompare il lavoro , nel bene e nel male che questo evento avrebbe suscitato. Scrissi le biografie di Karl Marx, Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud, personalità essenziali per la cultura nella civiltà mondiale e segnatamente occidentale. Io ero, e sono, europeista “nazionale”, scrissi “Europa o Morte”.
I rapporti internazionali
Dino era legato agli Stati Uniti, segnatamente ai Repubblicani. Sue conoscenze con esponenti ragguardevoli statunitensi. Anche il trascorso ambasciatore persiano Anzari veniva spesso. Oltre l’attività editoriale di cui ho accennato Dino svolgeva quella di editore di testi imponenti, enormi, raffigurati, con vestizione dorata, spesso, narrazioni biografiche di personalità mondiali da Reza Pahlavi a Ronald Reagan a George Bush, padre. Aveva in programma un testo su Sadat, che venne ucciso mentre stava per iniziare la stampa. Il Personaggio cruciale di queste edizioni d’arte fu Giovanni Paolo II. Credo di poter dire che erano amici. Dino lo andava a incontrare nello studio privato, talvolta con il figlio Salvatore Junior, e ne venivano immagini e volumoni. Alle edizioni metteva mano anche il pittore Dante Ricci, ritrattista capace, commensale divertente, amico indimenticabile.
L’imprenditore, l’amico
Dino fu un esemplare di spirito imprenditoriale, uomo di azione, la capacità di rendere realtà i propri desideri, indomabile nella volontà affermativa con quel tanto di estroversione esibizionista che accende la voglia di fare per mostrarsi. Uno stanzone della villa era tempestato di sue( e nostre) immagini. Da lunedì a venerdì andava in viaggio, dai suoi collezionisti, le sue opere avevano costi pesanti e molti seguaci. Tempi duri ne visse mai perdendo volontà di fare. Ciò che realizzava lo immetteva nella villa, un albero,un tocco di giardino, un accrescimento di mobili, rendendola forse la più bella della via Appia Antica!
Per trentacinque anni, con una minima interruzione, ci vedevamo almeno una volta alla settimana, ci chiamavamo tutti i giorni. Il sabato, crollasse il cielo, ristorante, quasi sempre Il Matriciano in via Germanico. Domenica, spesso,in villa. I figli li ho visti nascere, dal matrimonio con Eva, tedesca biondissima (Dino Junior, Chiara, Rachele), poi dal matrimonio con Livia, brunissima italiana(Benito, Alessandro). Teneva all’abbigliamento, fazzoletti da taschino sfumeggianti, cravatte con nodi grossi, tutto a sfarzo di colori, altezza sulla media, sportivo, viso fermo, reciso, quante passeggiate nel parco della sua villa, quante donchisciottate, eppure quante realizzazioni.
La malattia
Usava automobili supreme, Roll Royce, Ferrari, quest’ultima mi sgomentava, quando scattava pareva un decollo tuonante di un aereo. Che una personalità così attuativa sparisca è una vera mancanza. Da anni non stava bene. Io a sentirlo, a vederlo l’uomo che non era colui con il quale scambiavo circuiti elettrici mi immalinconivo e non ressi a incontrarlo . Mi dispiace senza rimedio. Era stato, era, e resterà un amico, e do alla parola il significato proprio, antico. Una mancanza. Voleva vivere e visse per lasciare un segno. I libri, il nostro “progetto” non tramonteranno facilmente, Salvatore Dino!