Salvatore Buzzi a “Quarta Repubblica”: la lite notturna di Albino Ruberti? Roma è Cosa loro
Salvatore Buzzi, l’ex-ras delle cooperative condannato a 12 anni nel processo soprannominato Mafia Capitale li conosce bene, conosce bene quell’ambientino del Pd romano grazie al quale il suo potere è cresciuto a dismisura, di pari passo con i finanziamenti che elargiva. E, quindi, intervistato dalla trasmissione “Quarta Repubblica” di Nicola Porro, nel pub che gestisce a Roma mentre è in attesa di sapere se i giudici lo rimanderanno in carcere o no, Buzzi non fatica a inquadrare cosa c’è davvero dietro l’indecoroso spettacolo della lite notturna a Frosinone – “vi sparo, vi ammazzo, cinque minuti, qui, in ginocchio, tutti e due” – offerto dal piddino Albino Ruberti, detto “er pugile”, costretto poi a dare le dimissioni da capo della segreteria politica del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e dal collega di partito, Francesco De Angelis, il cui fratello Vladimiro si è miracolosamente aggiudicato, per conto di Unipol, il colosso assicurativo vicino al Pd, le polizze più succose della Regione Lazio a trazione zingarettiana.
“Se io o Carminati avessimo detto una di quelle frasi ci avrebbero condannati tre volte… quella è cosa loro, Roma è cosa loro. Loro fanno gli pare”, dice Salvatore Buzzi commentando in maniera esplicita e dirompente il video della lite tra l’ex capo di gabinetto del Campidoglio Albino Ruberti e i fratelli Vladimiro e Francesco De Angelis dopo quella cena nel ristorante di Frosinone.
Buzzi si dice convinto che tutto rientri in “una guerra tra correnti del Pd, come quella che avvenne ai tempi di Mafia Capitale: a giugno 2015 furono arrestati solo i componenti della corrente Bersani”, ricorda. Quanto poi a quello che lo riguarda, Buzzi conclude: “Ho fatto quello che fa un normale imprenditore… Il sistema è questo”.
Anzi dice di aver pagato solo 65.000 euro di tangente su un fatturato altissimo e, quindi, di aver risparmiato, di aver pagato pure poco rispetto a quelli che sono gli standard di mercato.
Ma il senso del discorso è che nel Pd romano c’è una sorta di guerra fra bande.