Sicilia, Musumeci è un presidente galantuomo. Ecco perché è un vincente e va ricandidato
Ora che, con le sue dimissioni, ha compiuto l’ultimo atto di rispetto dei cittadini, facendo coincidere elezioni regionali (si sarebbe votato a novembre) con le politiche del 25 settembre, mi sovviene quel giorno di cinque anni fa, quando il mio amico Nello Musumeci, che si candidava a guidare la Sicilia, mi comunicò il primo rigo, se volete l’epigrafe, della sua agenda politica: fare un governo che restasse scolpito nella pietra della storia. Dell’Isola, intendeva. Ma il respiro che diede a quel suo entusiasmo d’avvio sembrava puntare anche un poco più in là. Con la pretesa di una intuizione del mondo e di qualche metapolitica consapevolezza, vi intravidi un candore che faceva a pugni con un programma politico. Paroloni, pensai. Capirà per strada. Profetici, invece ho ripensato, sotto il cielo dei giorni che sta vivendo la politica siciliana. La faccio non lunghissima, perché non voglio ripestare ciò che ho più volte detto e scritto. E la faccio negli argini di quel tanto anomalo suo orizzonte.
Musumeci, la sua azione, il suo impegno
In fondo, avevo ragione io, sensibile ai “de ja vu”molteplici e ciclici, di esperienze vissute nelle stanze della politica. Nello non è entrato nella storia; non si può oggi, nessuno ce la può fare, in una terra in cui hai già fatto molto a non finire nella cronaca nera, com’è accaduto a parecchi che lo hanno preceduto. Musumeci è ciò che ha fatto: un fatturato di governo enorme, con numeri e raffronti che lasciano tutti, avversari in testa, senza facoltà di replica. Ma anche impareggiabile dignità delle istituzioni e libertà da “ordini” esterni. Tutti i soldi europei spesi: miliardi impiegati in infrastrutture e servizi, neppure un euro restituito dei milioni e milioni che col governo “sinistro” di Crocetta si riprendeva Bruxelles; centinaia di cantieri aperti in ogni angolo della Sicilia, toccabili e visibili, dopo anni di fermo. E l’emergenza Covid affrontata con prontezza e competenza anche contro chi – che bassura di opposizione in questa legislatura, che bruttura questa Ars! – tifava per vedere i morti per le strade.
Fatturato enorme e portone chiuso alle mafie
Lui troverà questa sintesi scarna, non generosa; se così è, non afferra l’abisso tra il “prima” degli altri e il suo “dopo” di adesso: dalla mia ho di rendere un’idea immediata e plastica del suo rendiconto ai siciliani. Alla quale aggiungo un immateriale bene che per me – credo per tutti – vale più dei miliardi e del patrimonio di opere e servizi accumulato in questi anni di sudori e fatiche sue e di alcuni – solo alcuni, cavolo! – della sua squadra: quel portone di Palazzo d’Orléans sbarrato col ferro a mafie e comitati d’affari; é l’immagine più aderente al suo – questo vero, incontestato – candore: colore dell’onestà e della sua personale inattaccabilità. Attestata dal mancato recapito neppure di uno straccio di avviso di garanzia, per non parlare di arresti e condanne a cui il Palazzo aveva fatto il callo. C’è chi, per nostalgia di collaudate prassi avrebbe voluto quel portone almeno socchiuso, se non spalancato. Senza di lui, alcuni ambienti pensano di mettere le mani, dove non gli ha consentito di metterle. Ci stanno sperando.
Riconsegnare Musumeci alla Sicilia, non alla sua storia
Allora, Musumeci è un presidente da consegnare alla Sicilia o alla sua storia? Senza eccedere nei giudizi, si vuole congedare il migliore presidente della Regione degli ultimi 30 anni ? Il candidato, l’unico, dato vincente in tutti i sondaggi contro l’alleanza Pd-M5S che nell’Isola resiste anche dopo la rottura nazionale? Cosa si vuole fare? Candidare un sicuro, o una sicura, perdente al posto del sicuro vincente? Si vuole fare perdere al futuro governo nazionale un governatore che pesa nella Conferenza delle Regioni? Alcune forze politiche, o i loro capi piccoli e ingrati, che esse si tengono nell’Isola, ci possono provare; possono provare, soprattutto, a rubare Nello ai siciliani. Ai loro bisogni, alle loro speranze. Facendo un danno a tutti quelli che nella regione vivono.
Il governatore a maniche sempre rimboccate
Oseranno tanto? In tale caso lo consegnerebbero alla storia dell’Isola: ne farebbero un mito; quello del “presidente galantuomo”, del governatore a maniche sempre rimboccate che “loro” non hanno voluto. Non c’è di meglio per “divinizzare” un uomo: non fargli conchiudere l’opera sua. Il che appartiene alla dimensione dell’arte, dell’estetica. Di cui é difficile parlare dove l’”arte politica” ha soppresso il sostantivo che in tempi antichi la sorreggeva. Il “non finito” o, se più vi piace, il sentimento – tutto proustiano – del futuro “tempo perduto”, della nostalgia di un avvenire mai inverato, faranno guadagnare a Musumeci un po’ di finale di Michelangelo a se stesso: ”Negli anni molti e nelle molte prove, cercando il saggio, al buon concetto arriva d’un immagine viva, vicino a morte, in pietra alpestre e dura”. Sulla pietra, già. Non me lo auguro. Non lo auguro alla Sicilia. Non ancora.