Calenda e Di Maio si prendono a sberle. Volano parole grosse: «Vergognati», «incompetente»
Calenda e Di Maio, continua lo scontro a distanza. Volano parole grosse, un botta e risposta duro. A salire per primo sul ring è il leader di Azione. Le sue “riflessioni” su Giggino non passano inosservate. Alla Cna, Calenda sostiene infatti che un imprenditore non prenderebbe a gestire un’impresa «una persona che, ad esempio, ha fatto il venditore di bibite». E lo stesso dovrebbero fare i cittadini quando votano. Poi sferra l’attacco: «Un ragazzo che arriva legittimamente a fare il ministro, ma senza alcuna esperienza per farlo, e che pretende con boria e tracotanza di avere due ministeri perché uno non gli basta, dimostra di non avere senso del limite ed è destinato a schiantarsi».
Botte da orbi tra Calenda e Di Maio
«Caro Calenda, anche un venditore di bibite merita rispetto», la risposta di Di Maio. «La cultura dell’odio e del disprezzo che tu alimenti è classista e discriminante. Chi nella vita è stato meno fortunato di te e ha fatto lavori umili non può essere denigrato e messo ai margini della società. Quelle persone vanno aiutate e valorizzate. Quelle persone per me sono eroi. Dovresti solo vergognarti».
Su Twitter arriva la controreplica
Controreplica di Calenda a Di Maio su Twitter: «Ogni lavoro ha la stessa identica dignità. Che tu faccia l’operatore ecologico o il fisico nucleare hai diritto allo stesso rispetto. Ma non ogni lavoro prepara per governare un paese. Questo è quello che ripeto e tu ne sei la dimostrazione vivente Luigi Di Maio».
La scheggia impazzita è il leader di Azione
Il giorno del voto si avvicina e Il leader di Azione sembra una scheggia impazzita. Il Terzo Polo arranca e si limita a beatificare Draghi. Lui usa Twitter come mitragliatrice. Spara contro tutto e tutti nella speranza di rosicchiare voti. Oltre al quotidiano quanto scontato attacco velenoso contro il centrodestra («non governerà, Meloni inesperta»), torna alla carica su Letta. «Un governo PD-5S-Fratoianni e Bonelli sarebbe disastroso per per l’Italia. Sarebbe il governo dei no, delle tasse, dei sussidi. E non avrebbe neppure un posizionamento chiaro sulla politica estera».