Confindustria, Bonomi contro il salario minimo invocato a sinistra: è un problema che non riguarda noi
Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi all’assemblea generale degli industriali che si tiene eccezionalmente nella Sala Nervi del Vaticano difende il mondo dell’impresa dai pregiudizi e afferma che il salario minimo non è tema che tocca gli imprenditori. Una risposta indiretta a quanti, dal Pd al M5S, insistono sul tasto delle retribuzioni minimi fissate per legge.
“Il criterio per definire un lavoro ‘degno’ non è solo quello monetario – dice Bonomi – Nel nostro Paese in troppi settori l’offerta di lavoro continua a essere caratterizzata da infime retribuzioni. Questo, desidero ripeterlo, non riguarda in alcun modo l’industria. Quelli non siamo noi! Ecco perché il tema dell’intervento per Legge sul Salario Minimo non ci tocca. Ad essersi opposti sono altri settori, sui quali bisognerebbe, invece, avere il coraggio di intervenire”.
Sul fronte dell’occupazione, d’altra parte, annota ancora Bonomi il paese sembra lontano da quella dignità invocata anche dal Papa nel 2017. “Anche nelle fasi di ripresa economica, non riusciamo a superare la soglia del 60% di occupati tra i 15 e i 64 anni. I tassi di partecipazione al lavoro di giovani e donne restano tra i 15 e i 20 punti inferiori a quelli dei paesi nordeuropei. Abbiamo raddoppiato il numero di poveri assoluti malgrado un enorme balzo all’insù della spesa sociale. Abbiamo il record negativo, attualmente al 39%, di posti di lavoro per i quali la manifattura non trova profili formati adeguati. Un numero elevatissimo di Neet tra i giovani”, elenca. Altro che abolizione della povertà dunque, nonostante lo sbandierato reddito di cittadinanza.
“La spesa sociale resta fortemente squilibrata a favore delle pensioni, non dei giovani. Come Confindustria abbiamo, negli ultimi anni, proposto moltissime misure di riforma strutturale per affrontare radicalmente questi squilibri. Ma di questo abbiamo ampiamente discusso e continueremo a farlo in tutte le sedi opportune. Oggi, qui, affermiamo invece un primo principio costruttivo”, conclude.
Un lavoro degno dunque ma anche “davvero libero”, continua Bonomi, che respinge tutti gli altri ‘addebiti’ imputati al mondo dell’impresa sulla qualità dell’occupazione che offre. “In molti contesti l’unica alternativa alla disoccupazione è un impiego precario o addirittura un lavoro sfruttato, dalle finte partite Iva, ai lavori in nero, ai tirocini non formativi, solo per fare qualche esempio. Anche su questo punto ci tengo a ribadire che non è la manifattura, non siamo noi, ad offrire queste forme di sottoccupazione e spesso vero e proprio sfruttamento”, insiste.
“La seconda condizione per un lavoro ‘libero’ è il pieno rispetto e anzi l’incentivo diretto al pieno esplicarsi della personalità e delle capacità di ogni singolo lavoratore. E questa condizione si realizza attraverso moderni modelli organizzativi dell’impresa. I tempi ed i metodi del taylorismo alienante appartengono ad un passato lontano”, conclude.