Delitto di via Poma, l’Antimafia: il killer di Simonetta Cesaroni forse di gruppo sanguigno A
La Commissione parlamentare Antimafia, al termine di diversi approfondimenti sull’omicidio di Simonetta Cesaroni uccisa a coltellate il 7 agosto 1990 mentre si trovava negli uffici della Aieg, l’Associazione degli Ostelli della Gioventù, in via Poma, dove lavorava come segretaria, è arrivata alla conclusione che è necessario “rivalutare la possibilità di una più precisa fissazione dell’ora del delitto” ritenendo, inoltre, che l’omicida era forse di gruppo sanguigno A .
E questo dovrebbe portare, scrive la Commissione Antimafia nelle conclusioni della relazione sulle risultanze sull’attività di indagine ed acquisizione documentale sul delitto di via Poma a “restringere in modo perentorio i possibili autori dell’omicidio in quel ristretto novero di persone che avevano la possibilità di ottenere un comodo punto di appoggio nel palazzo o in aree limitrofe, tanto da trovarvi riparo immediatamente dopo il delitto”.
“Verosimilmente”, ritiene la Commissione, il killer di Simonetta Cesaroni era “di gruppo sanguigno di tipo A”.
Chiunque esso fosse, era “plausibilmente” noto “alla vittima, almeno in termini di conoscenza superficiale od occasionale, o comunque in grado di apparire” rassicurante e non pericoloso “agli occhi della stessa Simonetta”.
L’organismo parlamentare d’inchiesta ricorda nella relazione di aver audito in sede istruttoria l’esperto Igor Patruno, l’avvocato della famiglia Cesaroni, Federica Mondani, e la sorella della vittima per arrivare alla relazione, approvata ieri, che ripercorre alcuni “punti oscuri” della vicenda.
“Resta ragionevole credere – osserva in un passaggio la relazione – che l’omicida fu persona che aveva un notevole livello di confidenza con lo stabile, se non proprio con l’appartamento. Si deve essere trattato di persona che poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima o che era in grado di approfittare della fiducia di Simonetta Cesaroni o quantomeno, in via subordinata, di non indurla in sospetto o in allarme, trovandosi a tu per tu, in situazione di isolamento”.
“Si trattava di un contesto – vale ricordarlo – caratterizzato dal palazzo deserto per via dell’estate romana con i suoi effetti di spopolamento in uno stabile i cui interni erano dedicati anche ad uffici. Peraltro, di questa linea interpretativa si fa portatrice la più volte citata sentenza della Corte di assise di appello di Roma“.
La Commissione Antimafia ha acquisito, fra l’altro, il “girato integrale di una puntata dedicata, dalla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?“, al caso di via Poma.
Oltre a riassumere per sommi casi le vicende processuali che seguirono al tragico omicidio e prospettare le possibili novità sul fronte investigativo, la puntata venne caratterizzata, tra l’altro, da un’intervista piuttosto significativa ad una persona – opportunamente oscurata e le cui risposte sono state mandate in video con la voce contraffatta e quindi non riconoscibile – alla quale è stato tra l’altro domandato se non si sia provveduto a verificare il gruppo sanguigno delle persone residenti nello stabile all’epoca dei fatti.
La domanda, che evidentemente muoveva dal presupposto che l’omicida dovesse avere confidenza con il palazzo e l’ambiente, è sembrata involontariamente suggerire un possibile ulteriore accertamento che gli inquirenti potrebbero percorrere con le debite precauzioni”.
“Il fatto è che la persona intervistata ha rappresentato una sorta di paradigmatico esempio della notevole utilità di procedere in tal senso, trattandosi di un soggetto che lavorava come professionista nel palazzo trentadue anni fa, cioè all’epoca del delitto di Simonetta Cesaroni – si rileva. – La Commissione, per inciso, ritiene di trasmettere il girato integrale all’autorità giudiziaria, includendolo nel novero delle acquisizioni utili per un eventuale supplemento di indagine e comunque risparmiando alla Procura di Roma di far ricorso ad un provvedimento di sequestro, valutando anticipatamente, se del caso, l’utilità dell’integrale materiale girato”.
Inoltre si sottolinea, la Commissione “fa voti affinché si possa considerare l’ipotesi di più approfonditi atti investigativi, volti a valutare il possibile legame tra il furto nel caveau di cui fu vittima, tra gli altri, Francesco Caracciolo di Sarno (morto diversi anni fa, e all’epoca dei fatti presidente regionale degli Ostelli della Gioventù, che aveva sede nell’appartamento in cui venne trovata morta la ragazza ndr), con gli uffici dell’Aiag e con il delitto”.