Il “mainstream” giustifica le provocazioni di piazza contro la Meloni: «È lei che è nervosa»
È «nervosismo» la nuova parola magica dell’ampio e variopinto fronte anti-meloniano. Essa già rimbalza di testata in testata, di sito in sito e di bocca in bocca. Un venticello insidioso seminato dal Corriere della Sera («stanchina»), poi rilanciato dall’Huffington Post («faccetta vera») e infine raccolto da Carlo Calenda («nervosa per la sfida che l’attende») in una sorta di festival da deriva neurologica, cui è prevedibile che da qui alla fine della campagna elettorale si iscriveranno un po’ tutti. L’importante è far passare l’idea di una Giorgia Meloni groggy, insofferente, nervosa appunto. Ma è anche indizio concreto che tutte le strade fin qui tentate per screditarla o frenarne l’avanzata sono fallite.
L’obiettivo è rappresentare una Meloni insofferente
L’accostamento al fascismo si è rivelata un’arma spuntata, oltre che ridicola. Continua a usarla solo Enrico Letta, ma il segretario dem fa storia a sé in questa campagna elettorale: non ci ha capito niente sin dall’inizio. Le accuse di patriarcato (ma che vor dì ?) come quelle sulle devianze giovanili sono state respinte al mittente. Del tutto esaurite, invece, le calunnie “estero su estero” (Orbán, Vox, il Pis polacco, Trump e chi più ne ha, più ne metta). Da qui lo sbarco della stampa mainstream sui nervi della Meloni, l’ultima spiaggia. Dopotutto è pure donna e, si sa, in tal caso seminare il venticello è più facile, alla faccia di tutti i sermoni sul sessismo e sul femminismo. Vuoi mettere? Mai un leader macho si sarebbe lamentato della piazza-che-vai-gruppetto-di-contestatori-che-trovi, seppur nell’assoluta indifferenza della Lamorgese.
Non c’è democrazia nella contestazione rumorosa
Già, però che succede se a qualcuno andato in piazza per ascoltare il comizio salta la brocca? Che fascisti sono quelli che disturbano o diventano quelli che reagiscono? «Chiedere al ministro dell’Interno di impedire contestazioni in piazza è oltre lo stravagante», ha sentenziato Mattia Feltri dalle colonne della Stampa. È sapete perché? «La piazza è il luogo in cui nasce la democrazia, attraverso il dissenso pubblico, e senza dissenso non c’è democrazia». Caspiterina. E noi ingenui che credevamo il contrario, e cioè che la democrazia consistesse nel poter esporre un pensiero senza essere disturbato. Evidentemente, non ci capiamo più niente. Apposta saltano i nervi. Ma a noi, mica alla Meloni.