La carica dei 101 manager pubblici per far ripartire i colossi dell’Italia, prima sfida del governo Meloni
Supera, e di molto, quota 100 il numero delle poltrone che ‘scottano’ e che saranno al centro della partita dei rinnovi al vertice delle grandi aziende partecipate dallo Stato. Da Eni a Enel, da Leonardo a Poste, con l’approvazione dei bilanci 2022 andranno in scadenza consigli di amministrazione e collegi sindacali di alcune delle maggiori società pubbliche. Prima di tutto le sei quotate: Enav (l’ad Paolo Simioni al primo mandato, dal 2020), Enel (l’ad Francesco Starace al terzo mandato, dal 2014), Eni (l’ad Claudio Descalzi al terzo mandato, dal 2014), Leonardo (l’ad Alessandro Profumo al secondo mandato, dal 2017), Poste Italiane (l’ad Matteo Del Fante al secondo mandato, dal 2017), Terna (l’ad Stefano Donnarumma al secondo mandato, dal 2017). Secondo i calcoli elaborati dal centro studi Comar, soltanto per queste sei società, si prevede la nomina di poco meno di 80 consiglieri, cui si aggiungono circa 40 sindaci.
Manager non solo per i colossi pubblici ma anche per il Mef del nuovo governo Meloni
Quotate ma non solo. La lista si allunga con la galassia delle società del Mef, controllate anche indirettamente per il tramite di Cdp. Su questo fronte, le ultime nomine effettuate dal Governo Draghi sono state in Anpal Servizi (con il concerto del Ministero del Lavoro) e in Arexpo (con Regione Lombardia e Comuni interessati). Sembrava imminente anche per Olimpiadi Milano-Cortina, ma alla fine a scegliere sarà il nuovo governo e sarà, con ogni probabilità questa, la prima nomina in agenda dell’esecutivo. Sempre considerando le società del Mef, si devono poi aggiungere i componenti degli organi, consigli di amministrazione e collegi sindacali di Amco, Consap, Consip, Sport e Salute, Sogin, per poco più di ulteriori 40 poltrone.
I giochi per le big iniziano subito per concludersi in primavera
Tornando alle ‘big’ quotate, la formalizzazione delle nomine dei managet arriverà con le assemblee degli azionisti della prossima primavera, a otto mesi dalla nascita del governo Meloni. Ma si sa che, tra conferme e rinnovi, le grandi manovre rinnovi, per il ridisegno della mappa del potere ai vertici dei grandi gruppi cominciano molto prima. C’è una regola non scritta che prevede il cambio dei vertici dopo il terzo triennio, ma non è vincolante e la situazione economica, in particolare quella dell’energia, potrebbe favorire la deroga a tale principio.