L’anti-melonismo “estero su estero” non piace neppure a Renzi e a Calenda: «Letta sbaglia»
Una campagna elettorale «estero su estero», manco qui da noi non abbondassero rogne ed emergenze. Ma tant’è: non avendo argomenti da offrire, Letta e la sinistra emigrano altrove nella speranza di trovare qualcuno che li ascolti. Ieri è volato fino a Berlino per parlar male di Giorgia Meloni e del centrodestra, ottenendo il tanto sospirato endorsement del cancelliere Olaf Scholz. Che in realtà era più scontato dell’acqua che bolle a cento gradi dal momento che il tedesco milita nella Spd, partito gemello del Pd. Ma a Letta va bene uguale pur di dimostrare che nel mondo c’è anche chi dei dem parla bene.
Letta è andato a Berlino a criticare la Meloni
Purtroppo per lui, la sortita berlinese ha fatto storcere la bocca anche a tanti che di destra non sono, come Matteo Renzi e Carlo Calenda. «Farò di tutto perché non ci sia Giorgia Meloni al governo – ha premesso il primo -. Ma se gli italiani decideranno così, non sarà il cancelliere Scholz a cambiare i giudizi. Anzi – ha concluso – temo che certi endorsement possano essere controproducenti». Gli fa eco il secondo: «Letta ha sbagliato ad andare in un Paese straniero a farsi mettere la mano sulla testa. Sono elezioni italiane, si convincono gli italiani».
Parliamo dell’Italia
Neanche Calenda, tuttavia, è immune dalla sindrome “estero su estero” e a Meloni rinfaccia di aver votato a Strasburgo «contro la condanna di Orbán» e di aver detto di sperare «in una affermazione di Vox (la destra spagnola, ndr), che è un partito veramente neo-fascista». L’estero, dunque, domina la scena e incombe come non mai sul voto italiano. Colpa anche di chi va a caccia di endorsement, come Letta appunto, o di chi – come Marine Le Pen – proprio non ce la fa a farsi gli affari suoi e sente il bisogno di far sentire la propria vicinanza a Matteo Salvini. Tutti insieme, in un’Italia piegata dai rincari, rosicchiata dall’inflazione e flagellata dalle alluvioni, danno vita ad un vero teatro dell’assurdo