Lerner: «Con la Meloni rischio autoritario». Ma al governo senza il voto vanno i suoi compagni
Qualcuno rassicuri Gad Lerner che contro il fascismo sarà sempre «lotta dura, senza paura». E a culo tutto il resto: guerra, pandemia, choc energetico, immigrazione global warming, morte, miseria e disperazione. Ma sì, che stiano in fila dietro l’emergenza delle emergenze, lo spauracchio degli spauracchi, il fascismo appunto. Il solo citarlo, magari in una smorfia tra il disgustato e l’indolenzito, fa stare meglio Lerner. Gli allunga la vita, come la famosa telefonata della pubblicità. Del resto, è stato proprio lui a lanciare l’allarme in un’articolessa sul Fatto Quotidiano, lamentando la rarefazione dell’antifascismo nel dibattito politico (ma se si parla solo di questo).
Lerner ossessionato dal fascismo
«Suona cafone – ha recriminato –, è roba superata, al pericolo di una svolta autoritaria non ci crede più nessuno (…)». Poveretto, come soffre: somiglia al protagonista della réclame del noto callifugo. Beh, certo, rinunciare all’antifascismo non è semplice. Soprattutto considerando quel che assicura in termini di visibilità e di potere. Per molti è un mestiere, mica un’idea politica. Non per Lerner, intendiamoci. Lui è davvero convinto che, ove mai vincesse le elezioni, di fronte alle prime difficoltà, Giorgia Meloni non esiterebbe ad imprimere alle istituzioni la temuta torsione autoritaria, facendo scivolare l’Italia verso il campo delle democrature.
«La leader di FdI si sbarazzerà di Draghi»
E a poco servirebbe il ruolo di lord Protettore che un grande vecchio come Rino Formica ha sagomato per Mario Draghi: se ne sbarazzerà «a tempo debito», azzarda Lerner. Del resto – argomenta – non furono due limpidi liberali come Luigi Einaudi e Luigi Albertini a scommettere sulla Marcia su Roma come «evento benefico»? E lo stesso non è accaduto di recente con Berlusconi? Ma certo: «La Confindustria – prosegue Lerner – s’illuse di cavalcare il Cavaliere finché lui, imbizzarrito, rischiò a colpi di spread di disarcionare l’intera economia italiana». Analisi sopraffina.
Anche il Cav nella galleria degli orrori
Peccato, però, che tranne quando guidarli fu Antonio D’Amato, gli industriali italiani abbiano sempre considerato Berlusconi una sorta di parvenu e gli abbiano fatto la guerra praticamente sempre. Ma tant’è: Lerner aveva bisogno di pezze d’appoggio un po’ più recenti di quelle di Einaudi e di Albertini per certificare la permanenza in vita della deriva autoritaria. E ha tirato fuori dal cilindro il Cavaliere. Dimenticando, forse, che ha sempre governato dopo aver vinto le elezioni, non come altri entrati nella stanza dei bottoni contro il voto dei cittadini. Che poi questi ultimi siano antifascisti come il compagno Lerner, è solo un piccolo scherzo della storia.