«Letta si dimette sotto questa percentuale». E i big già lo archiviano: è caccia al nuovo segretario
Ci sarebbe una percentuale precisa sotto la quale Enrico Letta non potrebbe far altro che presentare le dimissioni: il 22,7%, ovvero il risultato raggiunto dal Pd alle europee con la segreteria Zingaretti. Un minimo sindacale che, a meno di 20 giorni dal voto, i sondaggi continuano a non restituire, parlando di un partito inchiodato al 21,9%. Dunque, al Nazareno si intensificano le grandi manovre, iniziate già da un po’, per preparare il dopo. In ballo ci sono due nomi in particolare: Stefano Bonaccini e Giuseppe Provenzano, promotori di due diverse visioni su dove il Pd debba collocarsi.
Sondaggi impietosi, e nel Pd già si preparano alle dimissioni di Letta
A tracciare la mappa dei sommovimenti interni ai dem in vista di una sconfitta più che probabile è oggi Il Giornale, che ricorda come il segretario dem continui a coltivare il sogno di fare del Pd il primo partito, in modo da potersi poi presentare da Mattarella, magari sulla scorta di qualche manovra di Palazzo per imbarcare nel gruppo parlamentare anche deputati di altre forze, che gli consenta di presentarsi come leader dei gruppi parlamentare più consistenti. Uno scenario in linea con la vocazione del Pd a fare di tutto per governare anche se non ha vinto le elezioni, ma non con l’andamento della campagna elettorale. Non solo perché, a differenza del Pd, FdI continua a crescere, arrivando ormai a sfiorare il 25% dei consensi, ma anche perché i primi a non crederci e a non remare in quella direzione sembrano essere proprio i big del partito, impegnati piuttosto a costruire il dopo disfatta.
I big in campagna elettorale? Sì, ma per la segreteria…
«Graziano Delrio e Lorenzo Guerini, i due capi della corrente Base riformista, stanno già organizzando il fronte pro Bonaccini», si legge sul Giornale, che avverte sul fatto che, anche se il governatore dell’Emilia Romagna dice di non essere interessato, «in fondo ci spera». Sul fronte opposto si colloca Andrea Orlando, a sua volta impegnato a costruire una candidatura alla segreteria. La più quotata resta quella di Provenzano, che porta con sé l’idea di un Pd spostato a sinistra, con Conte e Fratoianni e senza terzo polo. Il vicesegretario Pd ed ex ministro per il Sud del governo Conte II «ha in mente – scrive Pasquale Napolitano che firma il retroscena – un progetto a lungo termine: cinque anni di opposizione per provare a vincere le prossime elezioni nel 2027».
Franceschini vero «king maker delle primarie Pd» (e in odore di reggenza)
La candidatura di Bonaccini, invece, rappresenta quella parte di Pd che vorrebbe riaprire il dialogo con i Cinquestelle, ma senza chiudere al terzo polo. Grandi fautori di questa linea e di questa candidatura e questa linea, che incontra le resistenze di Letta, sono Dario Franceschini, vero «king maker delle primarie Pd», e Francesco Boccia. Nel mezzo c’è poi un ventaglio di altre ipotesi, che però sono assai meno solide: da quelle di Anna Ascani, Marianna Madia, Debora Serracchiani ed Elly Schlein, a quella di Beppe Sala, del quale potrebbe essere invocato il ritorno a seguito della debacle. C’è poi l’ipotesi della reggenza fino al congresso. E «per la poltrone di reggente c’è un solo nome: Dario Franceschini», il quale giusto qualche giorno fa rassicurava sul fatto che la segreteria di Letta non sarebbe stata in discussione in nessuno caso. Affermazioni che ricordavano tanto l’«Enrico, stai sereno» di Renzi. E tutti sappiamo com’è andata a finire.