“Liberare la cultura”: CulturaIdentità lancia il manifesto per un nuovo Rinascimento creativo
Un manifesto per “Liberare la cultura” e consentire a tutte le «energie creative e produttive» del comparto di crescere, scardinando la «mancanza di visione strategica» e le «logiche di potere» che le hanno mortificate nel corso degli anni. A promuoverlo è la rivista rivista CulturaIdentità che, insieme a Fondazioni e Associazioni impegnate da anni nella valorizzazione della cultura e dell’identità italiana, lo presenterà martedì 20, alle 17 presso il Teatro Sala Umberto, in via della Mercede 50, a Roma.
“Liberare la Cultura, per un nuovo immaginario italiano”
Il manifesto, il cui titolo completo è “Liberare la Cultura, per un nuovo immaginario italiano”, contiene idee e proposte per un «nuovo Rinascimento culturale», da proporre al futuro governo. «Il mondo della cultura e dello spettacolo italiano è stanco di essere strumentalizzato dalla sinistra. Gli artisti e i lavoratori del settore vogliono esprimersi liberamente, senza più ostracismo e minacce che arrivano da una parte politica», si legge sulla pagina Facebook di CulturaIdentità, che invita a sottoscrivere un appello-manifesto, che proprio in questi giorni di campagna elettorale si dimostra quanto mai centrato.
Una filiera industriale da 85 miliardi e un milione di posti di lavoro
«Siamo artisti, intellettuali, creativi, operatori dell’industria culturale, artigiani del bello, custodi di memorie, visionari di futuri possibili. Siamo uomini e donne. Amiamo l’Italia, la nostra patria. Produciamo cultura, disegniamo immaginari, calpestiamo set e palcoscenici, componiamo musiche, raccontiamo e rappresentiamo l’Italia nel mondo. Con il nostro lavoro sviluppiamo una filiera industriale che produce 85 miliardi di euro e crea oltre 1 milione di posti di lavoro. Siamo una risorsa per la nostra nazione», è il testo che si può già sottoscrivere in vista dell’appuntamento di martedì.
L’impegno degli artisti per la «secolare, innata bellezza italiana»
«L’Italia – prosegue l’appello – è bella perché la sua bellezza innata è stata per secoli elevata, valorizzata e raccontata da generazioni di artisti e creativi. Noi siamo gli eredi di quella bellezza che vogliamo difendere e tramandare rinnovata nei linguaggi e nelle forme del nostro tempo. Lo facciamo con i 3mila siti archeologici, i circa 5mila musei, le 18.500 biblioteche, gli oltre 2mila tra castelli, ville e palazzi che raccontano la nostra storia e la nostra identità. Lo facciamo con i 700 teatri, i 3.100 schermi cinematografici, le 9mila aziende dell’industria audiovisiva e digitale, le oltre 3mila aziende discografiche e le 5mila aziende editoriali con cui rappresentiamo la realtà di ciò che siamo e il sogno di ciò che vorremmo essere».
La necessità di ritrovare una visione e liberarsi delle «logiche di potere»
Ma proprio le potenzialità di quel «sogno» hanno bisogno di essere liberate dalle zavorre che le hanno oppresse. «In questi ultimi anni – proseguono i promotori del manifesto – la cultura italiana è rimasta schiacciata tra la mancanza di una visione strategica, che valorizzasse l’intero settore come pilastro creativo e produttivo, e un sistema di occupazione degli spazi istituzionali e creativi, dettato troppo spesso solo da logiche di potere e discriminazioni ideologiche».
L’appello al futuro governo: «La cultura sia un valore, non terreno clientelare»
Si tratta di «una vecchia e superata pretesa di “egemonia culturale”» che «oggi è solo lo strumento di una minoranza per ottenere potere e mettere all’indice qualsiasi visione alternativa, riducendo gli spazi di crescita di nuove generazioni di artisti e imprenditori, livellando l’offerta ed uccidendo la libertà. Per questo chiediamo al nuovo Governo che s’insedierà di impegnarsi a “Liberare la Cultura”». «Un governo che, forte finalmente di una legittimità popolare, s’impegni nel settore culturale per valorizzarlo e supportarlo come merita, per liberare nuove energie creative e produttive, per proteggere il valore dell’industria italiana dallo strapotere delle multinazionali, per rispettare il pluralismo delle idee e delle visioni che compongono il fertile immaginario italiano; chiediamo alla politica – è dunque la conclusione di “Liberare la cultura” – di considerare la cultura un valore e non uno spazio di occupazione clientelare».