Pd nei guai, la ricetta di Morassut: “Cambiamo nome, togliamo la ‘P’ per azzerare le correnti”
Il Pd torna ad arrovellarsi, dopo la Caporetto elettorale tutti concordano che il partito è da rifare. Letta si lecca le ferite, archivia gli occhi di tigre, e promette un congresso al quale non si ricandiderà. La classe dirigente è in subbuglio mentre si scatena il casting degli aspiranti segretari dem. A bordo campo si scaldano in tanti ma per Roberto Morassut la rinascita parte dalla modifica del nome.
Pd in subbuglio, Morassut: cambiamo nome
Proprio così, al Nazareno sembrano incapaci di una riflessione seria sui programmi e sulle prospettive. Sulla perdita di appeal nel tessuto sociale, sulla fallimentare strategia di difesa dei diritti civili come unica una carta sul tavolo. Intervistato da Repubblica, Morassut, forte del successo personale (è l’unico del Pd ad aver vinto in un collegio uninominale a Roma e a Firenze) che però, come scrive su Facebook, non mitiga l’amarezza, è convinto che la rivoluzione rossa passi per una P.
“Chiamiamoci solo democratici, per azzerare le correnti”
“Chiamiamoci solo democratici”, dice, “è l’unico modo per azzerare le correnti”. Ex assessore al Comune di Roma con la giunta Veltroni, ex sottosegretario all’Ambiente nel Conte II, oggi si sente un dirigente-militante. “Non mi sono mai collocato all’interno delle correnti del mio partito. L’autonomia di pensiero e di azione che credo sia la cosa più apprezzata tra i dirigenti, i militanti, le persone”. E pensa che il partito debba ripartire “dalla costituzione di un’altra forza politica”. Un nuovo restyling, come da copione. Un cambio di passo. Un cambio di nome. La ricetta, però, è davvero minimal. “Eliminando quella P che significa in primo luogo che c’è una élite che guida e c’è un insieme di forze che segue”.
Le nostre idee sono giuste ma non arrivano
La mission è chiara: scardinare le correnti. “I cui esponenti io rispetto. E che però ha interrotto la linfa vitale dello scambio politico tra idee, valori e azione. Questo purtroppo è il nostro problema. Le nostre idee sono giuste ma non arrivano, non vengono percepite. Dipende dal modo in cui comunichiamo e facciamo vivere la democrazia dentro e fuori di noi”. Dietro la definizione di partito, insomma, si nasconde il cancro del dirigismo.
La sconfitta di Roma è parte di una sconfitta generale
E ancora, la sconfitta a Roma è parte di una sconfitta generale. “Che ci mette per l’ennesima volta di fronte a un dato fondamentale. Dobbiamo cambiare totalmente la natura del Pd. E creare le condizioni affinché si costituisca un movimento democratico, più ampio. Che sia frutto di una costituente e che si rivolga a un largo campo di forze civiche. Abbiamo bisogno di ripartire dalla costituzione di un’altra forza politica. Che penso si debba definire semplicemente Democratici”.