Pd, Rosy Bindi durissima: “Si sciolga. Congresso? Accanimento terapeutico: evitare la conta”
Rosy Bindi non fa sconti al Pd: alla formazione che ha subito la disfatta elettorale, e l’establishment che potrebbe delinearsi dopo il congresso che, senza mezzi termini, in un’intervista a La Stampa in edicola oggi, ma anche ospite nello studio di Piazza Pulita ieri sera, l’ex presidente dem definisce «accanimento terapeutico», suggerendo quella che individua come l’unica soluzione possibile: andare verso «lo scioglimento», risparmiandosi almeno «lo spettacolo della conta interna»…
Pd, Rosy Bindi: «Il congresso è accanimento terapeutico»
Un colpo di spugna e resettare dai vertici alla base: è drastica la soluzione che Rosy Bindi individua e suggerisce ai colleghi per risanare il Pd e farne il motore di un’alleanza progressista. Occorre – dichiara a chiare lettere la Bindi dalle colonne del quotidiano torinese – «essere tutti pronti a mettersi a disposizione, fino allo scioglimento dell’esistente, per costruire un campo progressista coinvolgendo quelle realtà sociali che già interpretano il cambiamento e non trovano rappresentanza politica». Insomma niente sconti. Nessun salvataggio. Zero recuperi: per puntare alla rifondazione, l’ex presidente dei dem partirebbe proprio dallo scioglimento del partito. Ci sta pensando? «Sì – risponde nell’intervista – e ci si risparmi la resa dei conti interna, perché la ritualità del congresso è ormai accanimento terapeutico».
«I dem vadano verso lo scioglimento»
C’è già chi si è fatto avanti per la segretaria… «Ci evitino questo spettacolo. Quando Letta divenne segretario, mi permisi di dargli un consiglio: il Pd sostenga con lealtà il governo Draghi, ma non si dica al Paese che questo è il nostro governo. Il Pd non doveva identificarsi con l’agenda Draghi, ammesso che sia mai esistita, perché si trattava di un governo di larghe intese. Bisognava garantire lealtà, sì, ma guardando al futuro», commenta sulle macerie una Bindi agguerrita. Che poi, proprio sul tema della guerra aggiunge: «Non doveva esserci nessun dubbio da che parte stare, ma come starci forse sì. Per esempio rivendicando l’autonomia dell’Europa nell’Alleanza atlantica. Se ti appiattisci sul governo Draghi, è naturale che non puoi fare alleanze con chi lo fa cadere». E ancora: «Errori ne sono stati fatti un po’ da tutti, ma forse il partito principale ha qualche responsabilità in più. Dopodiché è vero anche che Conte e il M5s non erano portati a fare un accordo, perché troppo interessati alle sorti del proprio partito».
Rosy Bindi su Calenda: «Non è interlocutore»
Rimanendo poi in ambito di centrosinistra, La Stampa chiede a Rosy Bindi delucidazioni e commenti sul controverso rapporto tra il Pd e Carlo Calenda. La risposta, anche in questo caso, è tranchant: «Nel nostro appello, Calenda non è un interlocutore. Anche se spero che tutti capiscano l’importanza di una opposizione unitaria. La maggioranza esiste anche nei Paesi non democratici, l’opposizione solo in democrazia». E allora, quale è il giudizio sulla segreteria di Letta? «In realtà sono più severa con i suoi predecessori – è la replica secca –. Ho apprezzato lo stile con cui non ha abbandonato il campo, con un fax come Martinazzoli o a male parole come Zingaretti. Ma non apprezzo l’idea che sia sufficiente accompagnare il Pd a un congresso ordinario».