Renzi si prende in giro: «Mi dicono: “Fai cadere il governo”, ma prima bisogna che lo facciano»
Più faceto che serio: «Ho ricevuto tra ieri e oggi già quasi 700 inviti/email, soprattutto di giovanissimi, che mi chiedono di far cadere il governo: ragazzi, capisco che è diventata la mia specialità, ma prima di buttare giù il governo bisogna che almeno lo facciano!». Matteo Renzi non si smentisce: il suo terzo polo ha chiuso con un mezzo flop, ma non per questo rinuncia a dire la sua. D’altra parte il flop è più di Calenda che suo, che forse nell’abbraccio con Azione ci ha pure guadagnato qualcosina, visto che nei sondaggi Italia Viva non schiodava dal due per cento. Insieme, invece, hanno raccolto più del sette. Poco rispetto alle ambizioni della strana coppia, ma abbastanza da consentirgli di tornare in Parlamento, e non da solo.
Renzi: «Sulle riforme pronti a sederci al tavolo»
Ma il tempo della quaresima impostogli dal ticket con il Carletto borioso sembra già alle sue spalle e Renzi ha voglia di tuffarsi nel nuovo scenario politico. Escluso che sia in grado di far cadere il governo dall’opposizione, l’ex-premier assicura che se Giorgia Meloni «chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo perché siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole». Una mossa tutta da valutare che però ha il pregio di segnare uno scarto rispetto ai “no” pregiudiziali che la sinistra si accinge ad opporre alle iniziative del futuro governo.
«Letta mediocre e incapace»
Anche al Corriere della Sera aveva annunciato «un’opposizione più civile di quella che hanno fatto a noi». Il resto lo dedica ai tormentati rapporti con Enrico Letta e con il Pd. Del primo lamenta «la mediocrità unita all’incapacità di decidere una linea chiara» che «ha consegnato il Paese alla destre». Quanto al secondo, dice che non vi tornerà. «Ma se anche tornassi indietro non lo troverei più, perché – spiega – il Pd riformista non c’è più. Oggi è un’altra cosa, subalterna al grillismo. E il prossimo congresso non farà altro che ratificare questa divisione ormai inarrestabile. Queste elezioni – conclude Renzi – segnano la fine del Pd».