Rossi: «”Liberare la cultura” è una necessità per l’Italia. Stiamo avendo centinaia di adesioni»

20 Set 2022 12:25 - di Annamaria Gravino
liberare la cultura

Che si trattasse di un’esigenza sentita a livello diffuso lo sapevano. Ma forse neanche gli stessi promotori di “Liberare la cultura”, il manifesto per un mondo della cultura che possa esprimere davvero tutte le sue potenzialità di grande industria e di fabbrica creativa di un nuovo immaginario nazionale, si aspettavano la risposta che hanno avuto: rapida, curiosa e plurale da parte di tutti i settori del comparto. «Colpisce la qualità e la quantità dell’adesione», spiega al Secolo Giampaolo Rossi, promotore dell’iniziativa che, partita dalle pagine di CulturaIdentità, coinvolge anche numerose Fondazioni e Associazioni.

Oggi presenterete il manifesto “Liberare la Cultura” (alle 17 presso il Teatro Sala Umberto di Roma) e avete già ricevuto centinaia di adesioni, come legge questa risposta?

Come la conferma che c’è la necessità e una curiosità del mondo della cultura italiana a cercare vie di sviluppo nuove rispetto a quelle percorse fino ad oggi da parte della politica e delle istituzioni politiche. Questo manifesto nasce dall’iniziativa di Fondazioni e Associazione che si occupano da anni dei grandi temi della cultura italiana, dall’arte allo spettacolo, dall’editoria alle diverse forme dell’industria culturale.

Nel manifesto si parla di «mancanza di visione strategica» per il mondo della cultura, chiedete più investimenti?

La nostra industria culturale sta vivendo una grande sofferenza non solo economica, ma anche creativa. Quello che chiediamo è di immaginare la possibilità di un intervento al futuro governo, qualunque esso sia, di salvaguardarne la sostenibilità e la capacità di tornare a essere strumento di creazione dell’immaginario italiano. Chiediamo a una pluralità di operatori del mondo della cultura, di artisti, di produttori, di uomini e donne delle istituzioni culturali che ci aiutino a riflettere su quale sia la strada migliore perché l’industria culturale italiana sia traino di un nuovo immaginario nazionale.

A giudicare dalle adesioni questa parte dell’appello sta già funzionando…

Sì, hanno aderito centinaia di operatori culturali, nomi molti importanti, tantissimi artisti: Mogol, Ruggeri, Venezi, importanti produttori. E poi Agostino Saccà, Pierluigi Diaco, Anna Falchi. L’elenco è lungo. Questa adesione manifesta un’esigenza reale di chi lavora nell’industria culturale di uscire dal provincialismo e dalla chiusura di una cappa ideologica.

Il tema della libertà della cultura è diventato anche oggetto di campagna elettorale, il manifesto si rivolge al governo che verrà, lei parla di «cappa ideologica». Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un’iniziativa di parte… 

Non lo è, e proprio la qualità e la quantità delle adesioni lo dimostrano. La chiave per comprendere il nostro appello è la libertà della cultura. Non esiste cultura di destra e di sinistra, ma una cultura nazionale che si esprime in modi plurali, e ogni forma deve essere rispettata. Rispetto al nostro appello non ci sono state questioni ideologiche o di “tessere di partito”. C’è stata invece tanta curiosità. Non credo che qualcuno possa porre obiezioni di questo tipo, ma se dovesse capitare, probabilmente sarebbe perché la tessera di partito o i riferimenti ideologici li ha questo qualcuno. Noi siamo mossi dall’amore per la cultura e la risposta che stiamo avendo va nella stessa direzione.

Rossi, docente di Teorie e tecniche dei linguaggi cross-mediali, già consigliere di amministrazione Rai, ha un curriculum di primo piano nel mondo della promozione culturale, con particolare riferimento al settore digitale.

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