Serracchiani glissa sulla questione femminile. “Una donna a capo del partito? Non sento il problema”

21 Set 2022 13:10 - di Francesco Severini
Serracchiani

Guai a parlare di congresso in casa Pd. Soprattutto in questo momento, a quattro giorni dall’apertura delle urne. Ma non è un mistero che al Nazareno vi siano mal di pancia e più di un sussurro malevolo contro l’attuale leader Enrico Letta per come ha gestito la campagna elettorale. Tuttavia, giura Debora Serracchiani, di congresso per ora non è il caso di parlare, figuriamoci dei candidati alla segreteria.

Una donna alla guida del partito è ipotesi che nemmeno si pone. Sull’argomento Serracchiani glissa così come ha già fatto Letta quando gli hanno chiesto se Elly Schlein è destinata a succedergli alla segreteria dem. Una donna segretaria del Pd? “Non ne farei una questione di genere – afferma Serracchiani – Anche perché credo ci siano talmente tante donne competenti nel Pd che rischiamo di avere un Congresso dove si presentino solo donne”.

E ancora: “Non so chi sarà il prossimo segretario del Pd, il Congresso ha una scadenza naturale al prossimo anno. Non accelererei i tempi, non mi sembra opportuno parlare di Congresso ora anche perché ne parleremo solo noi -ha spiegato la capogruppo del Pd alla Camera-. Oggi il Congresso non è all’ordine del giorno perché all’ordine del giorno c’è la vittoria alle prossime elezioni in cui crediamo e in cui siamo tutti impegnati”.

Ma, la domanda sorge spontanea, se la guida di un partito non è una questione di genere, perché Letta ha fortemente voluto due donne alla guida dei gruppi parlamentari? Ha cambiato idea sulla parità di genere? Viene un dubbio in tal senso, il che farebbe pensare che l’operazione “donne capogruppo” con cui ha voluto inaugurare al sua segreteria sia stata solo un’operazione di immagine, pura vetrina, fumo negli occhi. Mentre adesso si rifugia nel collettivo, e trascura la questione femminile: “Io credo – dice – nella parola partito, sentite quanto è bella?”. Insomma, le donne possono aspettare. La “ditta”, per dirla con Bersani, ha bisogno di altro.

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