Sub e droni per cercare Mattia e Brunella inghiottiti dall’ondata di fango nelle Marche
Sub, droni, squadre a terra, unità cinofile, esperti in topografia applicata al soccorso stanno battendo tutta la zona alluvionata nel territorio di Castelleone di Suasa, nelle Marche alla ricerca dei due dispersi, il bimbo di otto anni, Mattia, strappato alle braccia della mamma dopo che erano usciti dalla loro automobile, dalla furia di acqua e fango che ha fatto 11 morti annegati, e una donna di 56 anni, Brunella Chiù.
“Mattia è il mio gnometto speciale, noi stiamo sempre insieme – dice all’Ansa il papà del bimbo,Tiziano Luconi, che sta partecipando alle ricerche. – Voglio credere che Mattia sia vivo, magari si è aggrappato a una pianta”.
“In tre giorni ho dormito tre ore, sono distrutto, ma devo trovare Mattia”, racconta al telefono il padre.
Proseguono senza sosta nella Regione le operazioni di soccorso dopo l’alluvione che che la notte del 15 settembre ha colpito il Senigalliese e gran parte del territorio delle Marche, nelle province di Ancona, Pesaro-Urbino, Fermo e Macerata.
I vigili del fuoco sono impegnati con 400 operatori – 1.163 gli interventi effettuati – con rinforzi dal Friuli, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, per prestare soccorso alla popolazione, per rimuovere il fango, liberare le strade, tagliare gli alberi abbattuti e per gli allagamenti.
E non si placano le polemiche per un disastro e una strage che potevano essere evitati se solo la burocrazia e un ambientalismo khomeinista non avessero ostacolato i progetti per dare ai fiumi come il Misa e il Nevola uno sfogo prima di arrivare nelle città e nei paesi con il suo carico di fango, detriti e alberi.
Vicende vecchie qui nelle Marche visto che quello che è accaduto ora accadde, anche se con meno violenza e meno morti, già nel 2014.
All’epoca le polemiche furono molto simili, si promisero ai cittadini risarcimenti che non sono mai arrivati, l’ex-sindaco Pd di Senigallia, Mangialardi – “chiunque è meglio di lui”, dice, rabbioso un uomo mentre spala fango a testa bassa per liberare il garage finito sotto quasi 2 metri di acqua – è andato sotto processo ma se l’è cavata per il rotto della cuffia con la prescrizione.
Erano state promesse le vasche di scolmatura, stanziati 85 milioni di euro ma poi non s’e fatto più nulla perché gli espropri sono andati a rilento a causa di continue opposizioni.
“Gli interventi necessari per mettere in sicurezza il territorio li conosciamo molto bene – dice Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche. – Come geologi delle Marche ribadiamo da anni la loro urgenza (anche dopo gli eventi del 2014 quando sempre a Senigallia il Misa uscì dagli argini provocando la morte di tre persone), non sempre ascoltati, il nostro auspicio è che questa sia la volta buona”.
“È arrivato il momento di rimboccarci le maniche e lavorare fattivamente perché tutto questo non accada mai più – prosegue Farabolini tracciando la strada che andrebbe percorsa. – Come abbiamo già detto in precedenza, non possiamo evitare fenomeni estremi come gli oltre 400 millimetri di pioggia caduti in poche ore, quello che però è in nostro potere evitare è che i fiumi e i torrenti straripino in prossimità dei centri abitati”.
“Chiediamo quindi l’istituzione di un tavolo permanente che riunisca Ordine dei Geologi, autorità di bacino, comuni interessati, Protezione civile, unioni montane e naturalmente la regione Marche. Non perdiamoci in formalità – esorta il presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche puntando il dito su quella “burocrazia asfissiante che ha, ad esempio, bloccato le opere di messa in sicurezza di Senigallia” – l’obiettivo dovrebbe essere quello di facilitare, limare eventuali differenze di vedute. Le leggi ci sono, i finanziamenti in molti casi sono già stati stanziati ma è necessario accendere un faro affinché questi progetti passino dalla carta alla realtà. Se vogliamo proteggere i cittadini delle Marche non possiamo indugiare oltre”.