“Vincere? Che verbo impegnativo, talvolta il centrosinistra ha vinto la partita elettorale ma ha perso quella culturale. Penso che sarà lunga e impervia la strada della risalita. Ma è già ora di mettersi in cammino, di provare a fermare la destra”. Consapevole della sconfitta, Nichi Vendola è ufficialmente tornato in campo, a pochi giorni dalle elezioni Politiche, nonostante una condanna sul groppone per concussione. Lo annuncia lui stesso con una lunga intervista a Repubblica nella quale urla al pericolo “fascista”, ovviamente, e sparacchia sulla strega cattiva, che lui chiama fata però, Giorgia Meloni. Stasera Nichi Vendola sarà in piazza,a Monopoli, a sostegno del candidato del centrosinistra Michele Abbaticchio.
Vendola e il fascism0: la mobilitazione del condannato
“Occorre reagire alla paura – denuncia Vendola – e soprattutto alla rassegnazione. Bisogna sollecitare coloro che si sentono totalmente disconnessi da questa allucinata campagna elettorale, parlare ai delusi e ai disincantati, a quell’elettorato di centrosinistra che ha consumato quasi tutte le proprie risorse di fiducia nella politica: non facciamoci del male! Certo, non è il fascismo alle porte: ma avanza un ceto politico di postfascisti, di neoclericali, di negazionisti del cambiamento climatico, di nemici della scienza, di censori di Peppa Pig, di omofobi, di europeisti tendenza Orban, di conservatori tendenza Trump. Di una destra che aggredisce i poveri…”. I mostri sono alla porta, dunque…
L’autocritica sulla sinistra perdente
Vendola avrebbe visto di buon occhio un’alleanza M5S-Pd e non si fa capace che quel fronte sia spaccato. “Ancora non mi riesce di comprendere perché non sia in campo una coalizione fra il tradizionale centrosinistra e i 5 Stelle, incentrata su un programma minimo di giustizia sociale e giustizia ambientale. Ancora mi lascia senza parole l’imperizia tattica con cui si sono bruciati i ponti di un’alleanza necessaria. Ma questo non è soltanto un problema di tattica suicida. La debolezza dei giocatori del fronte progressista, se posso dirlo, è in un deficit di narrazione, cioè di una visione strategica che avrebbe bisogno di fare i conti con decenni di subalternità al liberismo e ai suoi feticci. Se la sinistra non è capace di coniugare diritti civili e diritti sociali, alla fine perde perché si perde”.
Fascismo? Chiamiamola democrazia illiberale alla Orban
“Dimenticare la propria storia, il significato dell’antifascismo e il valore della Costituzione, di cui la destra sovranista potrebbe fare cartastraccia. Il pericolo di precipitare nel vicolo cieco di quella ‘democrazia illiberale’ teorizzata da Orban, dove si vota e basta, e chi vince comanda senza contrappesi, imbavagliando giudici e giornalisti e conculcando i diritti delle minoranze. Può essere un grave errore dimenticare cosa era l’Italia che invece del divorzio aveva il delitto d’onore, che spingeva le donne a morire nei sottoscala per aborti praticati con i ferri per fare la maglia, che per un gay o una lesbica prevedeva l’elettrochoc, l’Italietta che invocava ‘legge e ordine’ contro gli operai, i giovani, le donne e chiunque contestasse l’ordine sociale e patriarcale. La destra italiana è sempre stata dall’altra parte della barricata. Giorgia Meloni non è una fata venuta dai boschi, ma una figlia di questa storia“.