
Brasile, botte da orbi tra Lula e Bolsonaro in tv. Sul voto pesa l’indifferenza della sinistra per gli Evangelici
Si è svolto il primo confronto diretto in tv tra Lula e Bolsonaro in vista del voto del 30 ottobre in Brasile. I due duellanti non hanno risparmiato colpi su colpi. “Mai nella storia abbiamo avuto un governo che ha scherzato con pandemia e morte come hai fatto tu”, ha incalzato Lula, accusando Bolsonaro di essere diventato tristemente celebre per aver sempre considerato il Covid “una piccola influenza” rivendicando di non essersi mai vaccinato. “Noi vinceremo queste elezioni anche per prenderci cura dell’Amazzonia e mettere fuorilegge l’invasione dei territori indigeni e le attività minerarie illegali”, ha detto ancora il padre della sinistra brasiliana, attaccando il presidente di estrema destra anche sul fronte dell’ambiente. “Non ha mostrato alcun rispetto per l’Amazzonia”, ha affermato.
Bolsonaro, che i sondaggi danno indietro di 5-6 punti, ma che al primo turno ha avuto un risultato nettamente superiore a quello che i sondaggi prevedevano, ha contrattaccato ricordando la condanna per corruzione di Lula, per la quale tuttavia l’ex presidente è stato completamente scagionato. I due candidati sono ora impegnati nella ricerca di alleanze in grado di ampliare il loro consenso elettorale. Il presidente uscente mira a consolidare le sue posizioni nel sudest del Paese, mentre l’ex inquilino del Palácio do Planalto punta ad ottenere l’appoggio degli altri candidati alle presidenziali e di alcuni governatori, come Romeo Zema (Novo) il rieletto numero uno dello Stato di Minas Gerais.
L’autorevole quotidiano Folha de São Paulo ha affrontato in questi giorni in distinti articoli due questioni che vanno oltre l’elezione del prossimo presidente per riguardare il futuro del Paese: il rapporto con il mondo evangelico e la rappresentanza politica della popolazione indigena.
Gli Evangelici ignorati dalla sinistra
Nel corsivo «La cecità della sinistra consegna il paese a Bolsonaro» l’antropologo e ricercatore del Cecons/Ufrj Juliano Spyer critica il disinteresse della sinistra per il mondo evangelico.
«La sinistra − scrive − si vergogna di andare in chiesa e pensa che le religioni, specialmente quella evangelica, siano una miscela di stupidaggini e di lavaggio del cervello. L’evangelico comune, che i leader della sinistra non conosce direttamente, lo percepisce. E al momento del voto si regola in conseguenza».
Quella stessa sinistra che riesce a interloquire con piccoli agglomerati isolati all’estrema periferia delle città, non arriva però a dialogare con 50 milioni di evangelici, un terzo degli elettori brasiliani. E per fare un esempio concreto racconta delle critiche dello schieramento progressista ad un candidato governatore di Rio de Janeiro che si era preoccupato di come le madri povere recepivano il tema caro alle sinistre della liberalizzazione delle droghe.
Ma coltivati da Bolsonaro
Al contrario il presidente uscente si è impegnato molto durante i suoi quattro anni di mandato a costruire delle solide ed importanti relazioni con i leader religiosi e i frequentatori delle chiese.
«Non sappiamo se Bolsonaro sia veramente credente – afferma una evangelica della Assemblea di Dio −, ma lo vediamo in chiesa difendendo i nostri valori. Non sappiamo invece di quale religione sia Lula. Egli afferma di essere cattolico, ma non lo vediamo in chiesa».
Sull’incomprensione del mondo della sinistra per il mondo evangelico il corsivista riporta un efficace commento del rapper Emicida: «Queste persone che si definiscono progressiste hanno un tono supponente molto pericoloso che recita ‘Ah, io parlerò con la mia domestica. Ah, parlerò con il portiere del mio palazzo. Ah, gli evangelici non sono in grado di ragionare’. La distanza che queste persone hanno con il popolo della strada è molto pericolosa».
L’articolo si conclude dicendo che Lula potrà anche vincere le elezioni presidenziali del 2022 ma se nei quattro anni di mandato la sinistra non farà uno sforzo reale per avvicinarsi, ascoltare e dialogare con i leader evangelici, il successivo presidente del Brasile sarà Tarcisio de Freitas (Republicanos).
Ministro delle Infrastrutture del governo Bolsonaro, Tarcisio si è dimesso per candidarsi come Governatore dello Stato di San Paolo. Dopo il primo turno è testa con il 42,32% vs 35,40% dei voti, e se la vedrà al ballottaggio con l’ex sindaco della capitale paulista Fernando Haddad, già candidato del Pt alle presidenziali del 2018.
La presenza indigena nelle Istituzioni
Il Congresso Nazionale brasiliano è composto di un Senato di 81 membri e di una Camera di 513 deputati. Nella legislatura che comincerà il primo gennaio 2023 saranno presenti 7 parlamentari che si sono dichiarati indigeni.
Potrà sembrare una modesta rappresentanza, ma si tratta del maggior numero di sempre di deputati indigeni.
La Folha de São Paulo ha intervistato una di loro, la trentaduenne Célia Xakriabá eletta con il Psol della circoscrizione di Minas Gerais con 101.154 voti.
La neodeputata racconta che per conseguire l’importante risultato la sua comunità ha compiuto un grande sforzo. L’ostacolo da superare è stato quello che lei ha chiamato il «pregiudizio dell’assenza», ovvero la convinzione dell’uomo bianco che il luogo più adatto ad un’indigena sia il suo villaggio.
Tuttavia i conflitti territoriali che si sviluppano non possono certo essere risolti all’interno della comunità, che ha infatti deciso di sbarcare nelle Istituzioni. E non tanto per farlo, ma con una propria strategia di sbarco.
Trentadue anni Célia Xakriabá è nata nell’aldeia indigena di Barro Preto nel nord di Minas Gerais. Laureata in Sviluppo sostenibile nella Università Unb e dottoranda in Antropologia alla Ufmg, ha svolto la sua gavetta politica come Coordinatrice dell’educazione indigena di Minas Gerais e come componente della segreteria della deputata federale Aurea Carolina (Psol-MG).
Nel suo lavoro parlamentare la neodeputata intende contrapporsi alla lobby ruralista, pur consapevole di essere in forte svantaggio numerico rispetto a questo potente gruppo di pressione. E spera di riuscire a frenare i progetti in itinere a forte impatto ambientale che stima siano non meno di 250.
Per Lula non sarà un assegno in bianco
Nell’intervista chiarisce che l’appoggio a Lula al secondo turno delle presidenziali non sarà un assegno in bianco. «Bolsonaro ha scelto i popoli indigeni come nemico numero uno, ma se arriveremo ad un governo Lula presenteremo il conto».
La deputata afferma che c’è un accordo per creare un Ministério Indígena, ma l’importante per lei è che il dicastero sia guidato da un indigeno e che ci sia autonomia nella sua composizione. Ritiene necessaria anche la presenza indigena nella Fundação Nacional do Índio (Funai) e nel Ministero dell’Ambiente. Nonché l’introduzione di un’accentuata autonomia delle scuole all’interno delle comunità indigene.
«La nostra presenza nel Congresso Nazionale – conclude Célia Xakriabá − servirà per provocare e costruire nuovi processi di governo. L’uomo bianco governa con il soprabito, noi vogliamo governare con la forza del jenipapo e dell’urucum (due alberi tropicali importanti per le comunità indigene), femminilizzare e indigenizzare la politica. È urgente presidiare e riforestare il salone verde con i nostri corpi, perché il verde che c’è oggi è monoculturale, e noi sappiamo che ogni monocultura uccide».