Calenda mostra il volto rosicone e attacca i giornali che non demoliscono Meloni
Per Carlo Calenda il discorso di Giorgia Meloni è stato «tutta fuffa» e di «una noia mortale». Il leader di Azione ha espresso il suo giudizio in una intervista a Repubblica. Non pago, però, oggi alla sua opinione, legittima come tutte le opinioni, ha voluto affiancare una critica ai giornali che, non vedendola come lui, sarebbero venuti meno al loro ruolo di «watchdog».
Per Calenda il discorso di Meloni è stato «tutta fuffa»
Secondo Calenda, Giorgia Meloni avrebbe fatto «un’infinita lista della spesa con dentro tutti i mali italiani, ma senza una traccia sul “come” fare le cose». «Non c’è alcuna scelta, né idea di Paese», ha detto, rilanciando un’accusa che alla sinistra è sembrata molto efficace, ma che uno come il costituzionalista Sabino Cassese ha smontato completamente. «Sembrava di ascoltare Conte o Rumor, altro che rivoluzione sovranista. Tutta fuffa, una noia mortale», ha aggiunto ancora il leader di Azione parlando con Repubblica e sentenziando che «il discorso di oggi dimostra che lei non è pronta per le terribili sfide che abbiamo davanti. E ha pure una squadra modestissima».
L’attacco a Corriere e Messaggero, “colpevoli” di non demolire il premier
L’opinione di Calenda, si diceva, è più che legittima. Ciò che invece «colpisce», per usare una sua parola, è che non abbia mandato giù il fatto che alcuni giornali non abbiano demolito il premier. E così, tramite una serie di tweet, ha fatto sapere che «colpisce il peana del Corriere e del Messaggero sul discorso di Meloni». «Siamo talmente abituati alla mancanza di concretezza e alla corsa sul carro del vincitore che non ci si pone il problema “ma che ha detto?”. Sulle bollette, il fisco, le pensioni, la scuola, la sanità…», ha aggiunto, puntando l’indice contro «i nostri watchdog accoccolati come bassotti ai piedi del vincitore». Insomma, sembra proprio che il leader di Azione si stia iscrivendo a pieno titolo al partito del “la stampa è libera e indipendente solo se la pensa come me”.