D-Day destra. Giorgia Meloni premier corona un sogno proibito durato più di 70 anni
Giorgia Meloni ha ricevuto l’incarico. Ha accettato, è premier. Giornata storica, perché mai era accaduto che l’onore e l’onere di formare il governo ricadesse su un rappresentante della destra. Il solo immaginarlo fino a poco tempo fa era bello e impossibile. Roba da catalogare nell’archivio dei sogni proibiti. Eppure è proprio in giornate come questa che il filo della memoria si riavvolge facendone riaffiorare tante altre che inquadrate oggi dal retrovisore ci appaiono come altrettante tappe di un destino già scritto. Ma è un illusione ottica: niente era già deciso. È vero, invece, che sono tante le date da incorniciare nella singolarissima vicenda – umana prima ancora che politica – di questo piccolo mondo che fu comunità di valori più che di programmi o di tesi, la destra appunto.
La destra è comunità di destino
L’unica ancora in grado di saldare passato e presente come del resto le è stato insegnato, cioè senza rinnegare e senza restaurare, ma nella consapevolezza, tutta eraclitea, che a nessuno è concesso di tuffarsi due volte nelle stesse acque di un fiume. Tutto scorre. Anche la storia della destra, passata in oltre settant’anni di attività politica nel Parlamento e nelle piazze dalla polvere della più bieca discriminazione agli altari di Palazzo Chigi. Quanta fatica! Fatale perciò che altre date, altre storie, altre pietre miliari tornino alla mente.
La nascita di Alleanza Nazionale
Come quella del 28 marzo del ’94, con il Msi (non ancora An) che balza dal ghetto al governo sull’onda del nascente bipolarismo elettorale. O i cinque giorni del gennaio ’95, con la nascita, a Fiuggi, di Alleanza Nazionale, generoso e determinante contributo non solo alla democrazia dell’alternanza ma anche all’archiviazione del ‘900 come fonte d’ispirazione ideologico-politica. E poi, ancora, la Conferenza di Verona del 1998 e le sonanti vittorie elettorali del 2001 e del 2008, quest’ultima già sotto le insegne del Popolo della Libertà, il controverso tentativo di reductio ad unum della destra, che è invece per sua natura plurale e profonda. Ed è proprio nelle pieghe di quel partito unico (o unitario) che comincia a dipanarsi la storia più recente della destra. È lì che nasce la scommessa di Fratelli d’Italia.
Con Fratelli d’Italia riemerge la destra
Scommessa, certo, prima ancora che progetto. Anzi, azzardo. Perché così si chiama la scelta di affrontare il mare aperto in solitaria su una zattera piuttosto che nella confortevole prima classe di un transatlantico. E senza bussola, ma facendosi indicare la direzione dalle stelle. Era l’eterno daccapo, l’incessante ricerca di un nuovo inizio. Decisione coraggiosa e perciò premiata dagli italiani. Sempre di più, fino all’epilogo odierno. Messa così, si capisce fin troppo bene che il ringraziamento di Giorgia Meloni «a chi non c’è più» nella notte del trionfo non è rito vuoto, ma è sostanza, è dolore, è storia. È l’inchino alla consapevolezza che ciascuno di noi nasce erede. Vale ancor più oggi, il giorno dell’incoronazione, l’esaltante epilogo su cui neppure un pazzo avrebbe mai scommesso.