Feltri: “Laura Boldrini è vittima dei suoi deliri. Meglio che eviti di citare la Treccani”
Cortocircuiti fatali sull’articolo “il” premesso a presidente del Consiglio. Ma anche su quel “mancato” nome “Sorelle d’Italia”. “Boldrini vittima dei suoi deliri”, commenta sarcastico Vittorio Feltri. Il direttore editoriale di Libero fa un po’ di chiarezza su un tema che sta ancora mandando ai matti le donne di sinistra e le vestali del “linguaggio” inclusivo. Anche in questo caso, Giorgia Meloni ha sovvertito gli schemi politically correct e il mondo progressista è in subbuglio, “Urge una precisazione, scrive, in quanto Laura Boldrini, cinguettando che «La Treccani dice che i ruoli vanno declinati», ha creato non poca confusione. Diffondendo un pregiudizio che ci preme sradicare subito, dato che non è ancora germogliato. Sia chiaro: l’enciclopedia Treccani non ha mai stabilito prescrizioni linguistiche, non essendo questa la sua funzione. E, per di più, proprio stando alla Treccani, presidente è sostantivo maschile singolare, il quale può restare invariato anche nel caso in cui la persona che riveste il ruolo di presidente sia di sesso femminile”.
Feltri: Boldrini vittima dei suoi deliri
Nel mettere bocca su una questione che pertiene alla volontà di ognuno di farsi chiamare come crede, Laura Boldrini aveva infatti chiamato in suo soccorso la Treccani. Senza considerare che l’Istituto non emette diktat, come un Usigrai qualunque fa con i giornalisti Rai. La Treccani esprime un ventaglio di possibilità linguistiche, tutte egualmente legittime. Per cui c’è da chiarire – fa bene Feltri- prima che passi il principio boldriniano. “Sintetizziamo: non esiste alcun obbligo semantico a causa del quale Giorgia Meloni debba farsi chiamare “la presidente” anziché “il presidente”. E non sussiste neppure un obbligo etico, o formale – precisa Feltri-. La sinistra rivendica la libertà del singolo di definirsi, ma nega a Meloni la facoltà di farsi chiamare “il presidente”, ovvero di adoperare l’articolo al maschile. E questo la dice lunga sulle contraddizioni e i cortocircuiti che caratterizzano il pensiero progressista”.
Dalla Boldrini lezioni (sbagliate) di italiano e di morale
Le questioni di genere sono il passatempo numero uno di certa parte del Pd. Una sfasata Debora Serracchiani ha fatto una figuraccia planetaria nel suo discorso alla Camera affermando che “la Meloni vuole le donne un passo indietro agli uomini”. Boldrini rivendica il lessico che piace a lei. Il tutto mentre il partito sta affondando, come bruscamente cerca di far capire Cacciari (“Il Pd così creperà”). Eppure, in questa china rovinosa l’ex presidente della Camera persevera, ne fa un chiodo fisso. Rimprovera al presidente del Consiglio di avere chiamato il suo partito “Fratelli d’Italia” e non “Sorelle d’Italia” dimenticandosi delle donne. “Ma si studia già in prima elementare che i gruppi all’interno dei quali vi sia anche soltanto un soggetto di genere maschile, con prevalenza quindi di soggetti di genere femminile, vanno indicati al maschile. Ecco che in questi casi si dice correttamente: “i figli”, “gli amici”, “i nonni”, “i fratelli”, “i bambini”, e nessuno si è mai sentito escluso o ghettizzato per questo”.
Feltri: “I giornalisti sono diventati cani da guardi del politicamente corretto”
“Insomma – scrive Feltri -Laura tiene lezioni di italiano, oltre che di morale, su Twitter, eppure avrebbe bisogno di rispolverare le basi linguistiche”. L’elemento più rovinoso di questa cornica è che anche intellettuali e politici “siano ormai campioni conclamati di superficialità”. Il delirante intervento della Serracchiani sta lì a dimostrarlo. Poche a sinistra le done cche invitato il partito a darsi una sveglia e “a fare come la Meloni”. E quelle poche voci rimangono inascoltate. Purtroppo “pure i giornalisti, diventati cani da guardia del politicamente corretto, ci mettono lo zampino, o la zampa – bacchetta Feltri- Quelli della Rai hanno protestato contro un “pericoloso arretramento”: sempre a proposito della scelta di Meloni di essere chiamata “il presidente”, preferenza legittima che non comporta una obbligazione per il cronista”. E cita un caso pratico: “Pure Monica Maggioni, alla direzione del Tg1 dal novembre del 2021, sul sito della Rai è indicata quale “direttore del Tg1”; e viene chiamata “direttore” dalla sua squadra”. Non pare, a memoria, che che questo particolare abbia indotto le femministe e l’Usigrai ad ad insorgere… Deliri, appunto.