Ferrara propone un museo del fascismo. Per consegnarlo alla storia. E arrivano i primi sì
Qualche giorno fa sul Foglio Giuliano Ferrara ha lanciato una proposta: istituire un museo del fascismo. Visto che se ne continua a parlare. Visto che si continuano a scrivere libri sul Ventennio e visto che è in preparazione anche un serie tv tratta dalla trilogia di Antonio Scurati con l’attore Luca Marienlli nei panni di Benito Mussolini. Viste tutte queste cose sarebbe utile capirci qualcosa, elaborare, prendere le distanze e, appunto, “musealizzare”.
Ferrara: il fascismo non è un romanzo
Perché – ha scritto Ferrara sul Foglio – “il fascismo non è solo romanzo, non è chiacchiera, gli anni Venti e Trenta non sono passibili di cancel culture, non è vaga reminiscenza politica, non è solo memoria di dolore e scherno, di presunta vertigine e di sicura vergogna tra le nazioni e i popoli, non è solo diario italiano prima e dopo il 1945. Non è solo il più cospicuo rassemblement di intellettuali e popolo della nostra epoca unitaria, quasi tutti più o meno dentro il calderone o l’adunata con le notevoli eccezioni di chi non giurò, di chi fuggì, di chi combatté durante e dopo, di chi ne patì e ne morì, non può essere ridotto a cimelio o a segnacolo in vessillo del suo opposto, l’antifascismo, il fascismo è storia”.
Ferrara contro il metodo della cancel culture
Ferrara pensa che la sede sia presto trovata: la grande Nuvola di Fuksas all’Eur. Lì si dovrà andare per capire, studiare, documentare, archiviare. “La base della Costituzione è, per negazione, il Ventennio con le sue atrocità e le sue beffe e la sua lunga durata – scrive Ferrara – Un luogo museale che mostri come ci si è arrivati, l’intrico delle compromissioni e delle resistenze, delle viltà e del coraggio, delle cose realizzate e di quelle rinviate… Una controffensiva culturale e civile destinata a irridere la metodologia oscurantista della cancel culture e del correttismo politico, a beffare la riduzione di un fenomeno europeo e italiano tremendo, un archetipo da psicologia del profondo e da commedia all’italiana, a vago e volatile senso di colpa”.
Oggi, registra Il Foglio, arriva il primo sì alla proposta: quello di Diego Marani, attuale direttore dell’Istituto italiano di cultura a Parigi. Per il quale un’iniziativa del genere aiuterebbe gli italiani a elaborare, mentre per decenni si è seguita la logica della rimozione.