Gioco al massacro contro la Roccella, ex radicale, che replica: l’aborto non è un diritto ma un male necessario
24 Ott 2022 8:47 - di Redazione
Eugenia Roccella, neo ministro della Famiglia e della natalità, ha scritto oggi una lunga lettera alla Stampa per replicare alle accuse che la testata le aveva rivolto e che si possono sintetizzare così: eri una femminista pro-aborto, hai rinnegato tutto. La prova? Il libro del 1975 «Aborto, facciamolo da noi», curato dalla stessa Roccella.
Roccella: oggi l’aborto è usato come arma politica contro un governo guidato da una donna
“Era un libro politico, certo, anzi era un libro militante – scrive Roccella nella sua replica – firmato dal Movimento di Liberazione della Donna, di cui ero leader, e dal Cisa, l’organizzazione di Adele Faccio che aveva inaugurato la disobbedienza civile sull’aborto… Ma delle battaglie di quegli anni nessuno ha più memoria, e se oggi si parla di aborto è solo per usarlo come arma contundente e impropria contro un governo che non è di sinistra e non è nemmeno tecnico (un peccato assai grave), e bisogna agitare lo spauracchio dell’attacco ai diritti delle donne. Che questa maggioranza sia stata votata dagli italiani ha poca importanza, così come non importa che il governo sia guidato da una donna, un fatto rivoluzionario nella storia, molto maschilista, della politica italiana”.
L’aborto non era vissuto come un diritto dalle femministe ma come un male necessario
Quindi spiega di non avere rinnegato nulla. “Anche allora – sottolinea – l’aborto non era la nostra massima aspirazione, ma un male necessario, per non essere schiacciate in un ruolo che chiudeva le donne in una gabbia di oppressione e subalternità. Al di là del clima gioioso che c’è sempre nelle manifestazioni, l’aborto non era vissuto come una rivendicazione orgogliosa, piuttosto come una disperata via di fuga, non un diritto, ma un potere iscritto nel corpo“.
La sinistra oggi è schierata con il “mercato del corpo” e per l’affitto di parti del corpo femminile
Quindi l’accusa alla sinistra di sostenere “il liberismo procreativo, il nuovo fiorente mercato del corpo, fatto di contratti, compravendite, affitti di parti del corpo femminile; le femministe che ritengono che la fonte dell’esclusione delle donne sia il corpo sessuato sono definite con disprezzo Terf, e non c’è spazio per un pensiero irregolare. Giorgia Meloni ha ripetuto fino alla nausea che non vuole cambiare la legge sull’aborto, e io non solo non ho nessuna volontà di farlo, ma non ne avrei nemmeno il potere, visto che dell’applicazione della legge 194 si occupa il ministero della Salute insieme alle Regioni”.