Giustizia amministrativa e codice dei contratti pubblici, le tappe per la semplificazione

28 Ott 2022 18:24 - di Giovanni Doria (*)
contratti pubblici

La commissione incaricata per la redazione del progetto di decreto legislativo recante la disciplina dei contratti pubblici (presieduta dal Presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, e coordinata dal Presidente della terza sezione del Consiglio di Stato Luigi Carbone), ha, qualche giorno fa, definito lo schema del “nuovo” codice dei contratti pubblici, che – nei tempi previsti – il 20 ottobre scorso è stato consegnato dal Presidente Frattini all’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi. Il “nuovo” codice dei contratti pubblici, secondo le scadenze fissate nel PNRR, dovrà entrare in vigore il prossimo 31 marzo 2023; e questo costituirà uno dei tanti dossier che, attesa la particolare ristrettezza dei tempi, il nuovo governo dovrà affrontare nell’immediato.

Il progetto del “nuovo” codice dei contratti pubblici

Il progetto del “nuovo” codice dei contratti pubblici attua, recependoli, i principi ed i criteri direttivi fissati all’art. 1 della legge delega (l. 21 giugno 2022 n. 78), costituiti, in particolare, dal divieto del c.d. gold plating (e, dunque, la necessità di assicurare una stretta aderenza alle direttive europee), dalla ridefinizione dei sistemi di qualificazione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici; dalla digitalizzazione delle procedure; dalla previsione dell’obbligo, per le stazioni appaltanti, di inserire nei documenti di gara un regime obbligatorio di revisione dei prezzi; dalla semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici inferiori alle soglie di rilevanza europea; dall’inserimento, nei bandi di gara, avvisi ed inviti, delle c.d. clausole sociali; dalla riduzione e dalla certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti e all’esecuzione degli appalti; dalla revisione e semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche; dal divieto di proroga dei contratti di concessione e dalla razionalizzazione della disciplina sul controllo degli investimenti dei concessionari e sullo stato delle opere realizzate.

Per tal verso, lo schema del “nuovo” codice dei contratti pubblici è contrassegnato da tutta una serie di disposizioni eterogenee e ulteriori rispetto al codice attualmente in vigore (d. lgs. 18 aprile 2016 n. 50), tra cui, ad esempio, la previsione di due soli livelli di progettazione mediante l’eliminazione della progettazione definitiva; l’accelerazione e la certezza dei tempi di affidamento, di esecuzione e dei pagamenti agli operatori economici; la possibilità che i subappaltatori possano, a loro volta, subappaltare e la reintroduzione della revisione prezzi. Così come di particolare rilievo sono, tra le altre, le nuove disposizioni in materia di appalto integrato, di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di anomalie delle offerte sotto-soglia e di qualificazione degli operatori.

Laddove adottato, si avrà modo, in sede dottrinale, oltre che in ambito giurisprudenziale, di analizzare e valutare, oltre all’impianto complessivo del “nuovo” codice dei contratti pubblici, anche il valore e l’ambito di applicazione delle singole disposizioni.

Le varie disposizioni

Tra le varie disposizioni, va segnalato che il “nuovo” codice dei contratti pubblici contiene, all’art. 209, anche una serie di innovazioni relative al codice del processo amministrativo (allegato 1 al d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104) operate attraverso la sostituzione, in particolare, degli artt. 120, 121 e 124 dell’anzidetto codice. Innovazioni che, per quanto operate chirurgicamente, si innestano nel solco, invero già tracciato, di una ulteriore e sempre più incisiva semplificazione ed accelerazione del giudizio amministrativo in materia di contratti pubblici, avendo cura, tuttavia, di contemperare siffatti obiettivi con le ineludibili esigenze del diritto di difesa.

Una prima innovazione attiene ad una più puntuale, precisa e completa definizione dell’ambito oggettivo del rito speciale in materia di contratti pubblici. Nella nuova formulazione del primo comma dell’art. 120 del codice del processo amministrativo, è previsto, rispetto al passato (dove si aveva riguardo unicamente agli atti delle procedure di affidamento tout court), che sono soggetti al rito speciale (come, del resto, già ritenuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato) anche gli atti delle procedure di concessione. Inoltre, la nuova disposizione ha riguardo agli atti ed alle procedure di affidamento e di concessione «disciplinate dal codice dei contratti pubblici»; il che sta ad indicare che qualora la stazione appaltante decida di autolimitarsi seguendo la procedura di evidenza pubblica ancorché l’affidamento non rientri nell’ambito del codice dei contratti pubblici, ciò non determina uno spostamento né di giurisdizione né di rito processuale.

Il settimo comma del nuovo art. 120 del codice del processo amministrativo ribadisce quanto già previsto al settimo comma dell’art. 120 del codice oggi in vigore, e, cioè, che i nuovi atti attinenti alla medesima procedura di gara sono impugnati con ricorso per motivi aggiunti, soggiungendo, però, che, la proposizione dei motivi aggiunti non importa il pagamento del contributo unificato. Trattasi di una innovazione di non poco momento, considerato che la misura del contributo unificato in materia di appalti è particolarmente onerosa. L’innovazione tende, evidentemente, ad agevolare la parte contro eventuali inefficienze della stazione appaltante, che potrebbe continuare ad adottare una serie di atti attinenti alla medesima procedura di gara, costringendo la parte legittimata a impugnarli facendo fronte al pagamento di plurimi e rilevanti contributi unificati.

Una ulteriore, significativa innovazione si rinviene, poi, nella formulazione del sesto comma del nuovo art. 120, dove, rispetto al testo dell’attuale art. 120 del codice, è espressamente previsto che in caso di istanza cautelare, anche qualora la domanda cautelare venga rigettata, il tribunale amministrativo, all’esito della camera di consiglio, «provvede ai necessari approfondimenti istruttori». Perché trattasi di una innovazione importante? Perché, normalmente, il giudice, laddove ritenga di rigettare l’istanza cautelare, non dispone adempimenti istruttori. Il che può comportare che, fissata l’udienza di decisione del merito dell’impugnativa, il giudizio, e, per ciò, la definizione del ricorso con sentenza, rischia di subire un serio rallentamento proprio perché potrebbe emergere la necessità di procedere a approfondimenti istruttori. Nel nuovo impianto della norma, dunque, il giudice provvede sull’istanza cautelare, e, laddove la rigetti, fissa d’ufficio l’udienza di merito, ma dispone da subito i necessari accertamenti istruttori.

Ultimo profilo di innovazione

Un ultimo profilo di innovazione, non certo trascurabile, si rinviene nella nuova formulazione dell’art. 124 del codice del processo amministrativo, riguardante la tutela in forma specifica e per equivalente nei casi in cui il giudice amministrativo accolga il ricorso dell’impresa non aggiudicataria volto a conseguire l’aggiudicazione.

Il nuovo testo dell’art. 124 ribadisce, da un lato, la regula contenuta nell’attuale art. 124, e, cioè, il riconoscimento del ristoro del danno nei casi in cui – non dichiarandosi giudizialmente l’inefficacia del contratto già stipulato dall’aggiudicatario – il ricorrente non consegue la stipulazione del contratto.

Vengono soggiunte, tuttavia, due ulteriori disposizioni. In primo luogo, si prevede espressamente che spetti alla giurisdizione del giudice amministrativo anche la cognizione della pretesa risarcitoria della stazione appaltante nei riguardi dell’operatore economico che, agendo in violazione dei doveri di buona fede, abbia concorso a determinare l’esito illegittimo della gara.

Inoltre, il terzo comma del nuovo art. 124 dispone che il giudice amministrativo, laddove ritenga accoglibile la domanda risarcitoria, non si limita a fissare i criteri di liquidazione del danno alla cui stregua il danneggiante formula una proposta risarcitoria «entro in congruo termine», che, ove non conduca ad un accordo, apre, su domanda dell’interessato, alla determinazione giudiziale della somma dovuta (secondo quanto previsto all’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo). Il nuovo art. 124 prevede, infatti, che il giudice amministrativo, individuati i criteri di liquidazione del danno, «assegna un termine entro il quale la parte danneggiante deve formulare una proposta risarcitoria», stabilendo che nel caso di mancata formulazione di una proposta risarcitoria, ovvero qualora la proposta sia significativamente inferiore alla somma poi liquidata nella sentenza adottata in sede di ottemperanza, il giudice procederà a valutare siffatta situazione ai fini della regolamentazione delle spese del giudizio di ottemperanza, andando oltre – deve ritenersi – la regolazione delle spese processuali secondo i consueti criteri della soccombenza.

(*) professore ordinario di “Diritto Civile” nell’Università di Roma “Tor Vergata”. Avvocato cassazionista, esperto nei settori del diritto civile, commerciale e societario privato e pubblico, diritto amministrativo, contenzioso civile ed arbitrato

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