Governo, sarà Letta a fare la dichiarazione di voto sulla fiducia. Pd in tilt sul congresso
Sarà Enrico Letta domani a fare la dichiarazione di voto a nome del Pd durante il voto di fiducia al governo Meloni. Il passaggio parlamentare sancirà in concreto l’avvio della legislatura e i dem stanno organizzando il lavoro di opposizione. Sarà questo uno dei temi della segreteria già convocata dallo stesso segretario per giovedì. Lo schema è quello di affidare ai responsabili di settore del partito il compito di monitorare l’azione del governo. «Mettere subito il vestito dell’opposizione», aveva detto Letta nei primi incontri con i suoi parlamentari. Ma il “piatto forte” della riunione di giovedì è soprattutto il congresso, tema all’attenzione anche della direzione nazionale del giorno dopo. I dem considerano l’organizzazione dell’opposizione e quella del congresso due binari paralleli.
Letta interverrà in aula domani
«Letta – spiegano al Nazareno – articolerà nel dettaglio le singole fasi ribadendo tempi congrui: né accelerazioni improvvide né dilazioni dispersive». L’orizzonte resta quindi quello di fine inverno con il congresso che si chiude entro marzo. Nessuna apertura, quindi, a chi credeva di anticipare l’assise a gennaio. Sul congresso è intervenuta anche Rosy Bindi. «È un po’ che non sento Letta», ha premesso la pasionaria catto-dem. Lei è tra quanti non disdegnerebbero lo scioglimento del Pd. «Dipende – risponde -: se questo significa dileguarsi no, se significa capire che in questo modo non va da nessuna parte allora sì».
Bindi: «Sciogliere il partito». Bonaccini: «Assurdo»
«Parlare di scioglimento è assurdo», replica a distanza Stefano Bonaccini, tra i più accreditati alla successione di Letta al vertice del Pd. Il governatore dell’Emilia Romagna non è d’accordo neppure sul cambiare nome. «Noi abbiamo una identità – ribatte – che il congresso deve aiutarci a definire meglio. Abbiamo regole fatte per far partecipare le persone, più in tempo in là andiamo più rischiamo di non essere in sintonia con i problemi degli italiani». Quindi la conclusione: «Noi dobbiamo offrire una nuova classe dirigente e una nuova piattaforma programmatica. Però bisogna fare in fretta: prendiamoci i tempi che servono, ma un conto e’ avere il segretario a febbraio o marzo, un altro in primavera o estate».