Il primo grazie è alle donne che hanno “osato”. E c’è anche Nilde Iotti. Giorgia spiazza tutte
Tra i primi ringraziamenti Giorgia Meloni inserisce un elenco di nomi di donne. Donne che hanno osato. Che le hanno messo pietra su pietra il percorso che l’ha portata sullo scranno di Palazzo Chigi. Quelle che le hanno attrezzato la scala. Un grazie che nessuno si aspettava, diciamolo francamente. Soprattutto dopo le polemiche stucchevoli stile Boldrini. Invece Giorgia stupisce ancora una volta.
Meloni: penso con riverenza al loro esempio
Ecco il passaggio: “Tra i tanti pesi che sento gravare sulle mie spalle oggi, non può non esserci anche quello di essere la prima donna a capo del governo in questa Nazione. Quando mi soffermo sulla portata di questo fatto, mi ritrovo inevitabilmente a pensare alla responsabilità che ho di fronte alle tante donne che in questo momento affrontano difficoltà grandi e ingiuste per affermare il proprio talento o il diritto di vedere apprezzati i loro sacrifici quotidiani”. Così il premier Giorgia Meloni, nel suo discorso alla Camera. “Ma penso anche, con riverenza, a coloro che hanno costruito con le assi del proprio esempio la scala che oggi consente a me di salire e rompere il pesante tetto di cristallo posto sulle nostre teste”.
Da Cristina di Belgioioso a Tina Anselmi
“Donne che hanno osato -aggiunge – per impeto, per ragione, o per amore. Come Cristina (Trivulzio di Belgioioso, ndr), elegante organizzatrice di salotti e barricate. O come Rosalie (Montmasson ndr), testarda al punto da partire con i Mille che fecero l’Italia. Come Alfonsina (Strada ndr) che pedalò forte contro il vento del pregiudizio. Come Maria (Montessori ndr) o Grazia (Deledda ndr) che con il loro esempio spalancarono i cancelli dell’istruzione alle bambine di tutto il Paese”. “Eppoi Tina (Anselmi ndr), Nilde (Jotti, ndr), Rita (Levi Montalcini, ndr ), Oriana (Fallaci, ndr), Ilaria (Alpi, ndr), Mariagrazia (Cutuli, , ndr), Fabiola (Giannotti, ndr), Marta (Cartabia, ndr), Elisabetta (Casellati, ndr), Samantha (Cristoforetti, ndr), Chiara (Corbella Petrillo, ndr). Grazie, Grazie per aver dimostrato il valore delle donne italiane, come spero di riuscire a fare anche io”, conclude nel suo passaggio dedicato alle donne.
La scelta del nome senza cognomi
E si capisce subito che non l’ha fatto per ottenere il facile applauso. Che è arrivato, con standing ovation. Si capisce che là c’è il ritorno di quella politica tante volte invocata dopo la stagione algida dei tecnici. Perché nell’elenco (e si noti l’opzione di indicare il nome, per dare un tono colloquiale alla citazione ma anche per escludere il cognome che è frutto del “patriarcato”) c’è pure la comunista Nilde Iotti. E la staffetta partigiana Tina Anselmi. Citazioni simboliche e di intento pacificatorio.
Il “femminismo conservatore”
Con le sue parole Meloni sperimenta quel “femminismo conservatore” teso ad addolcire le asprezze ideologiche di ciò che viene da sinistra e che, recuperato sul fronte opposto, può diventare terreno identitario comune. Scommessa ambiziosa. Ma che ha un suo fascino. Del resto la stessa cosa la fa sull’ecologia. Terreno privilegiato della sinistra? E chi l’ ha detto? “Noi difendiamo la natura con l’uomo dentro”, scandisce meloni. E cita Scruton. Impossibile confondere questa roba con gli esaltati che gettano succo di pomodoro sulle tele di Van Gogh.
La concretezza della storia contro la banda dello schwa
E torniamo alle donne. Nel rendere loro omaggio, Meloni ci mette la concretezza della storia, la realtà dei nomi, la tangibilità dei risultati. E ci mette le persone. Non le donne in astratto, ma quelle donne. Quelle persone. Non il collettivo, ma – per tornare a una parola che crea allergia nei progressisti – il merito. Il “valore”, ha detto lei. E’ l’opposto dei funambolismi lessicali della banda dello schwa. Una cupoletta che ha già perso. Che è già dietro le quinte. La normalità di Giorgia, che si è fatta da sé, che si è liberata di ogni tutor maschio, nella quale ogni donna può riconoscersi, è già vincente. E’ già modello.