Lettera di Tolkien a due fan dello “Hobbit” venduta all’asta a una cifra record: ecco che racconta (video)

14 Ott 2022 21:00 - di Redazione
Tolkien

La cultura intramontabile vale oro. Non a caso, una lettera in cui John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) spiega lo sviluppo delle rune (un alfabeto artificiale ideato dallo scrittore) e delle lingue utilizzate nel suo romanzo Lo Hobbit, intitolata Rosetta Stone of Middle Earth (Stele di Rosetta della Terra di Mezzo), è stata venduta per 107.100 dollari. Un record mondiale per una missiva autografa dello scrittore britannico, celeberrimo autore de Il Signore degli Anelli. Il manoscritto è stato aggiudicato ad un collezionista che ha chiesto di restare anonimo, pagando oltre tre volte il prezzo della stima minima, durante l’asta di Christie’s a New York. Un appuntamento in cui è stata dispersa la biblioteca di Edward R. Leahy, che ha totalizzato 4.473.378 dollari.

Record per lettera Tolkien a due fan dello “Hobbit” venduta all’asta a New York

Scrivendo da Oxford il 3 agosto 1943 a Leila Keane e Pat Kirke, due giovani lettrici de Lo Hobbit, Tolkien in otto pagine discute a lungo delle rune. Spiegando cosa sono e includendo alfabeti celtici. La lettera inizia così: «È passato un po’ di tempo da quando vi ho sentito, ma sono stato piuttosto occupato. E ho dovuto rimandare la risposta alla vostra lettera. Fino a quando non ho potuto affrontare le vostre domande sulle rune non correttamente – perché ci vorrebbe un libro o due – ma almeno decentemente. Ci sono due questioni diverse qui: una è “rune” in quelli che vengono chiamati “tempi storici” (solo circa mille anni fa). E “rune” e strani scritti nei tempi molto più antichi di cui parla Lo Hobbit. Non so di cosa volete sapere. Forse su entrambe?»

Nella lettera di Tolkien battuta da Christie’s segreti e spiegazioni storiche sullo sviluppo del romanzo

Quindi, supponendo che la risposta fosse sì, Tolkien apre la lettera con «alcune note sulle rune “storiche”». Spiega a lungo che un’ampia varietà di rune «erano usate principalmente dai norvegesi e dagli inglesi (nei vecchi tempi prima, diciamo, del 1000 d.C.)». Poi rendendosi conto che potrebbe «aver scritto troppo sulle rune “storiche”, passa ai «giorni di Bilbo». E in questo passaggio della lettera, lo scrittore ammette che Lo Hobbit doveva essere «modernizzato e trasformato in inglese». Tolkien riconosce che lo sforzo non è stato «troppo difficile», notando che c’era una lingua comunemente parlata, «una sorta di lingua-franca», composta da una varietà di dialetti, «chiamata la lingua occidentale o il discorso comune».

Le riflessioni su lingue e alfabeti e… sull’inglese come «Sostituto del «discorso comune»

Quindi, passa a descrivere la diffusione storica della lingua e come l’inglese sia servito come sostituto del «discorso comune». Approfondisce le lingue dei nani e descrive come avrebbero usato il linguaggio comune per comunicare con gli altri. Osservando che erano abili nell’apprendimento di lingue non proprie. Tocca anche le «lingue elfiche» e, pur sospettando che i suoi corrispondenti «ne abbiano avuto abbastanza ora», si allontana da «uno specifico della mano elfa» che consuma l’ultima pagina intitolata Rune usate da Thorin & Co. Insomma, Tolkien nella lettera riempie un prezioso scrigno di informazioni, spiegazioni segreti e chicche d’autore che, tra storia e mito, romanzo e fantasy, continuano a parlare al cuore e al gusto dei lettori.

 

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