M5S, in ballo tesoretto di 4 milioni di euro. Ma gli “ex” insorgono: «È la nostra buonuscita»
Luigi Di Maio lo incasserà tra novembre e dicembre. Parliamo dell’assegno di fine mandato parlamentare che, nel caso del ministro degli Esteri (è ancora in carica), ammonta a circa 100mila euro. Fosse rimasto nel M5S, Giggino avrebbe dovuto lasciare il suo tesoretto a disposizione del gruppo secondo le ferree disposizioni impartite a suo tempo da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Ma visto che la scissione lo ha reso libero e bello potrà trattenere per sé quello che un tempo bollava come un odioso privilegio di casta. E chissà se non stiano pensando proprio a lui tanti big rimasti nel Movimento e che ora dovrebbero incassare la loro buonuscita. Parliamo, tra gli altri, di Alfonso Bonafede, Paola Taverna, Vito Crimi, Riccardo Fraccaro, Roberto Fico, Danilo Toninelli.
Il tesoretto riguarda gli assegni di fine mandato
Complessivamente, il tesoretto degli “ex” ammonta a 4 milioni di euro. Il tesoriere pentastellato già sogna di venirne in possesso per rimpinguare le casse del M5S. Si vedrà. Quel che è certo è che entro la fine dell’anno su ciascun conto corrente di ogni ex parlamentare con due mandati alle spalle arriverà una cifra di circa 90mila euro (la metà per chi ne ha espletato soltanto uno). Che faranno, l’incasseranno o la restituiranno come da codice etico pentastellato? Alessandro Di Battista optò per la seconda scelta: 43mila euro riconsegnati al Movimento. Difficile che lo emulino tutti i 46 tra deputati e senatori a fine corsa, dunque non più ricandidabili per la tagliola del doppio mandato.
Il codice etico grillino prevede la restituzione
Ma il codice grillino parla chiaro: «Rinunciare ad ogni trattamento pensionistico privilegiato e all’assegno di fine mandato, a doppia indennità e a doppi rimborsi». Non vale solo per il tesoretto di deputati e senatori, ma anche per quello di consiglieri regionali ed europarlamentari. E questo spiega l’attenzione con cui il vertice segue la vicenda: guai a creare il precedente. Tanto più che la “questione buonuscita” rischia d’intrecciarsi con quella, non secondaria, dei contratti e delle collaborazioni in favore di alcuni “ex”. Senza contare che, forte dei soldi resi, difficilmente Di Battista farà sconti a chi si mostrasse incoerente sul tesoretto da restituire.
La rivolta degli “ex”
Ma anche chi fa resistenza può accampare le proprie ragioni. «Noi gli abbiamo lasciato milioni di euro ai gruppi mentre i nuovi non hanno manco firmato l’impegno al taglio degli stipendi di base», si sfoga telefonicamente un “ex” con l’AdnKronos. E un altro: «Hanno preso il 2 x mille rimangiandosi la storia del Movimento e noi dovremmo dargli altri soldi? Li chiedessero a Crimi e Taverna se è vero che gli fanno il contratto». E c’è chi trascina nella polemica persino il Fondatore: «E i 300 milioni per la comunicazione di Grillo, ce li vogliamo dimenticare?». Insomma, il tesoretto rischiano di trasformare il M5S in una polveriera. Lecito dubitare che di esso ben poco tornerà indietro.