Ucraina, Conte fa la guerra al Pd in nome della pace: «M5S in piazza anche senza bandiere»
Una piazza «senza bandiere» per ribadire il «no» alla guerra russo-ucraina che sta insanguinando l’Europa dell’Est. È l’idea messa nero su bianco da Giuseppe Conte in un’intervista all’Avvenire e poi rilanciata via tweet dallo stesso ex-premier. Sotto il profilo politico, la sortita del capo politico del M5S rivela un obiettivo fin troppo evidente: accentuare le difficoltà del Pd e drenarne ancora consensi. Se ne trova indizio nell’intervista rilasciata questa mattina da Massimo D’Alema al Fatto Quotidiano, in cui l’ex-segretario sottolinea come la parola «pace» sia praticamente scomparsa dal lessico del Pd. E, si sa, D’Alema (e non solo lui) ha un rapporto strettissimo con Conte. Al punto che più di uno lo considera il vero ispiratore delle mosse del capo grillino.
Conte intervistato dall’Avvenire
Sia come sia, è di tutta evidenza che l’intervista all’Avvenire non mancherà di tormentare la sinistra nel suo complesso. La proposta è in campo, così come la disponibilità del M5S a rinunciare ai propri vessilli. «Mi piacerebbe – vi si legge – che i cittadini che vivono con preoccupazione la folle escalation militare in corso potessero ritrovarsi a manifestare per la pace. Se questa mobilitazione si concretizzerà, il M5S ci sarà, anche senza bandiere». Un concetto che Conte ha ribadito anche nel tweet, significativamente accompagnato dalla frase «Pronti a fare la nostra parte».
«No all’escalation militare»
Sarà interessante capire se nella direzione nazionale convocata per domani Letta accennerà alla sortita del capo grillino o farà finta di niente. Di sicuro c’è che essa va a disturbare non poco la posizione dem sulla guerra, schierata com’è su posizioni atlantiste non del tutto digerite dalla vecchia base comunista. Ma è proprio su quella, oltre che su quella pacifista tout court, che Conte fa affidamento per il coronamento del suo disegno. Quel che appare innegabile è che sotto la sua guida il M5S sta sempre più assumendo le sembiante di quel «nemico a sinistra» che la cultura ex-post e neocomunista teme più della peste.