Clan Casamonica, per i giudici del processo d’appello nessun dubbio: è un’organizzazione mafiosa
È un clan mafioso quello della famiglia Casamonica secondo i giudici della Corte d’Appello di Roma che, dopo oltre sei ore di camera di consiglio, hanno confermato l’accusa di mafia.
A rappresentare l’accusa nel maxiprocesso il sostituto procuratore generale Francesco Mollace, con i pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani applicati nel procedimento e che, nel corso della loro requisitoria, avevano ribadito le accuse per il clan: dall’associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all’estorsione, l’usura alla detenzione illegale di armi.
Con la sentenza pronunciata oggi pomeriggio nell’aula bunker di Rebibbia, i giudici hanno confermato l’impianto accusatorio accogliendo il ricorso della Procura su quattro posizioni, riconoscendo il 416bis, cioè l’associazione di stampo mafioso, ed escludendo soltanto l’aggravante di essere un’associazione armata.
“L’indagine della Procura di Roma ha posto fine allo strapotere dei Casamonica. Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana e poteri forti della Capitale”, aveva sostenuto Mollace nel suo intervento nelle scorse udienze.
Un clan, aveva sottolineato il pm Musarò parlando dei Casamonica, “con una forza di intimidazione impressionante. La ‘galassia’ Casamonica è quella peculiare struttura dell’organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è ‘bisogno’”.
In primo grado, il 20 settembre 2021, erano state comminate 44 condanne per oltre 400 anni carcere.
Al maxiprocesso si è arrivati dopo gli arresti compiuti dai carabinieri del Comando provinciale di Roma nell’ambito dell’indagine denominata ‘Gramigna‘, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Musarò e Luciani.
“È una sentenza equilibrata. Sono state escluse alcune aggravanti e altre confermate, è stata confermata l’impostazione accusatoria. La Procura di Roma ha svolto un gran lavoro e questo è un grande risultato”, dice soddisfatto Mollace commentando la sentenza d’Appello.
“Una sentenza che si incanala nel solco di altre sentenze come quelle sui clan Spada, Fasciani, Gambacurta che hanno riconosciuto l’esistenza della mafia nel territorio laziale”, ha aggiunto Mollace. Un brutto colpo per chi, come Zingaretti con il Pd, ha governato la Regione Lazio in questi ultimi cinque anni.