E ora a Meloni rimproverano pure di lavorare troppo: «È donna, non deve fare come i maschi tossici»
Finalmente arriva l’interpretazione autentica di quanto accaduto nella conferenza stampa di Giorgia Meloni sulla legge di bilancio. A offrirla è Simonetta Sciandivasci su La Stampa, in un pezzo intitolato «Il potere al femminile e le fatiche di Giorgia». «Dopo appena un mese di governo, la presidente del Consiglio appare (è?) provata. Nervosa, sbrigativa, stanca. Molto stanca. Innervosita dalla stanchezza: spazientita», si legge nelle prime righe del pezzo, che poi prosegue con la profonda nota di biasimo per il fatto che il premier non avrebbe mai tempo per i giornalisti.
L’aspettativa femminista sulla prima donna premier
«S’accommiata troppo presto, dice “devo andare”, senza premettere che le dispiace, talvolta scusandosi e sempre specificando che c’è qualcosa o qualcun altro di più importante, di più urgente, di più cruciale e altisonante che richiede la sua presenza, la sua attenzione, la sua cura», si legge ancora nell’articolo, secondo il quale, da quello che si capisce, il premier come atto di femminismo dovrebbe mandare un po’ a quel Paese tutti, rivendicando il suo diritto a essere stanca. Di più: questo è quello che ci si sarebbe aspettati da lei. Un’aspettativa «riposta nel fatto che lei è una donna, e da una donna premier ci si augurava un modo nuovo di gestire il potere».
«Meloni dovrebbe dire: “Così è troppo, così è da maschi tossici”»
L’emozione di vederla diventare la prima donne premier in Italia stava «soprattutto» lì, si apprende ancora leggendo La Stampa: «Finalmente arrivava qualcuno che, per identità e storia personale, aveva tutte le carte in regola per sparigliare le regole. Per dire: così è troppo, così non ce la faccio, così non è umano, così è da cyborg, così è da maschi tossici e pure intossicati dal lavoro e dal potere e dal patriarcato e da tutto quello che ha reso impervio l’accesso in politica, non solo alle donne ma alle donne di più».
«È bello e giusto quando le donne sbuffano e urlano». Ma guai a dire “ho fretta” a un giornalista
E, ancora, «è bello e giusto quando le donne sbuffano e poi urlano e mandano tutti via e dicono che hanno altro da fare, mentre sparecchiano e lavano i piatti dopo la cena di Natale, e sono arrabbiate perché nessun altro lo farà, e in fondo sono arrabbiate per secoli di incombenze, di strattonamenti, di priorità degli altri, di distanziamento forzoso dalle cose che per loro contano. E sarebbe bello che di quelle urla Giorgia Meloni si facesse carico e portavoce», ma, attenzione, «non a colloquio con i giornalisti durante una conferenza stampa. Non è così che si rivendica un’esasperazione dovuta a un sistema sfiancante e insopportabile, che è quello che ci aspettiamo che lei faccia».
Una strana idea di premiership
Dunque, ricapitolando il senso dell’articolo (non chiarissimo, per la verità): Meloni è oberata di lavoro e, come fanno le donne, reagisce in maniera isterica, ma indirizza la sua isteria nella direzione sbagliata; essendo donna, quello che ci si aspettava da lei era che dicesse una cosa tipo “ehi, ragazzi, io non ce la faccio, la manovra fatevela voi e pure da Confartigianato (il motivo per cui serviva accorciare i tempi della conferenza stampa) ci andasse qualcun altro”; questa sarebbe stata una vera rivoluzione, una ribellione al patriarcato, un modo di segnare un nuovo stile politico. Visto che non l’ha fatto, commettendo inoltre l’oltraggio di dire ai giornalisti che aveva anche altri impegni, Meloni si è rivelata una delusione. Anzi, per usare le parole di Sciandivacci «ci ha mostrato soltanto un capo goffo, impaziente, iroso, inattrezzato al punto da non saper camuffare quanto disprezza il confronto».
Un capo che molla tutto lo vorrei pure io. Invece, guarda che tocca fare…
Non fa una piega, in effetti. D’altra parte chi non lo vorrebbe un capo come quello che pare fosse sommamente auspicato al momento del giuramento di Meloni: un capo che si rifiuta di fare il suo lavoro perché è stanco, che quando si innervosisce dice che non ne vuole sapere niente di quello che va fatto e che fa una scenata isterica come quando ci sono troppi piatti da lavare. Io pure lo vorrei: invece, m’è toccato un capo che, temo come Meloni, pensa di dover assolvere al suo lavoro fino in fondo e che dopo essersi innervosita per le castronerie che ha letto su certi giornali non solo ci si è messa a lavorare lei, ma lo ha fatto fare pure a me. Senza nessun riguardo per il fatto che pure io appartengo alla categoria intoccabile dei giornalisti. Maledetto patriarcato!