Il Festival dell’Opera Buffa Napoletana porta in scena amori e tradimenti della città antica e moderna
È intrigante il programma proposto dalla seconda edizione del Festival dell’Opera Buffa Napoletana, che si chiude il 6 novembre a Napoli e che da mercoledì sta portando operine e melologhi sui palcoscenici di Sala Assoli (Vico Lungo Teatro Nuovo 110) e Teatro Nuovo (via Montecalvario 16); è anche l’occasione per riscoprire la storia e i luoghi dell’Opera Buffa Napoletana con le visite guidate “Sulle tracce dell’Opera Buffa Napoletana”.
“L’infedeltà fedele” è il titolo scelto per questa seconda edizione dal direttore artistico del festival Massimiliano Sacchi: ha aperto il programma mercoledì a Sala Assoli l’operina “La zingaretta”, che, con trascrizione e arrangiamento a cura di Fabrizio Romano, ha riproposto riproporre i suoi travestimenti e la sua modernissima riflessione sull’identità.
Stasera, venerdì 4 novembre, alle 21.15 (replica: sabato 5 novembre, alle 21.15), al Teatro Nuovo in scena l’operina “L’amante ridicolo”, intermezzo di Niccolò Piccinni, che, nella trascrizione e arrangiamento di Carlo Gargiulo e Massimiliano Sacchi, si presenta come prima moderna assoluta. “Un’opera buffa, forse dimenticata o nascosta, che rivedrà luce e suono senza mai aver attraversato, a quanto ci risulta, le gioie di una riproduzione fonografica – scrive il regista Alfonso Postiglione nelle note –. L’opera, nella sua prima esecuzione, risale al 1757, anno del suo debutto al Teatro Nuovo sopra Toledo. Dopodiché ebbe una notevole fortuna europea, essendoci tracce di rappresentazioni per oltre vent’anni nei maggiori teatri del continente”.
Il Piccinni ritrovato, un “Così fan tutti” alla napoletana riscoperto tra i manoscritti dimenticati, torna a risuonare al Teatro Nuovo dove debuttò nel lontano 1757. In scena, Cristina Neri (Dorilla), Chiara Di Girolamo (Lesbina), Francesco Domenico Doto (Baggiano), Luca De Lorenzo (Polemone). Regia di Alfonso Postiglione. Direzione e pianoforte Carlo Gargiulo. Musicisti: Sergio Carnevale (violino), Ilaria Carbone (violino), Roberto Bianco (viola), Vittorio Infermo (violoncello), Fulvio Gombos (contrabbasso), Diego Di Guida (oboe), Emmanuele Puxeddu (oboe), Luca Martingano (corno) e Dennis Marzano (corno).
Sabato 5 novembre, alle 12 (replica domenica 6 novembre, alle 12.00), al Teatro Nuovo, in programma il melologo “Cimmarosa” di e con Claudio Di Palma, con la partecipazione dell’Orchestra Sinfonica dei Quartieri Spagnoli diretta dal maestro Giuseppe Mallozzi. Musiche di Domenico Cimarosa rielaborate da Massimiliano Sacchi. Orchestrazione dell’Overture de “La finta parigina” a cura di Giulio Fazio. Il Racconto rocambolesco e paradossale degli ultimi giorni napoletani di Cimarosa prima della cattura e del definitivo esilio, quando, per sfuggire alla furia del Cardinale Ruffo, si rifugiò nel sottopalco del Teatro del Fondo, e delle avventure che ne seguirono. Il coinvolgimento dell’orchestra giovanile è uno dei focus del festival, che si propone di stimolarne l’attività attraverso l’impegno sul repertorio di Scuola Napoletana, che fu fucina di capolavori teatrali e di un metodo ed una letteratura didattici che si espansero in tutta la musica occidentale.
Sabato 5 novembre, alle 19.00, al Teatro Nuovo è in programma l’incontro “Words & Music: su Beckett e l’opera buffa” con Gabriele Frasca, poeta, studioso e traduttore di Beckett che guiderà il pubblico alla scoperta del rapporto intenso ed inatteso del grande scrittore irlandese con l’opera buffa (costo ingresso simbolico: 1 euro).
Sabato 5 novembre, alle 20.00 (replica domenica 6 novembre, alle 18.00), a Sala Assoli, il pubblico assisterà al melologo “La principessa dei bordelli” di Francesco Forlani nell’interpretazione di Isa Danieli. Nella Napoli della fine del ‘600, percorsa da correnti artistiche e di pensiero talmente fitte e intrecciate da rendere problematica la distinzione tra cultura alta e popolare, la vita scandalosa di Giulia De Caro si dipana tra i teatri notturni di strada e le stanze dei potenti. Le tappe di una ascesa tanto inarrestabile da suscitare lo sdegno e l’ammirazione dei suoi contemporanei si succedono con ironia e spregiudicatezza. In scena, Isa Danieli incarna con ineguagliabile spessore drammatico una lingua creola ed in costante movimento, contaminata ma non malata, in una parola viva e porosa. Una macchina del suono ne riverbera i ricordi e i pensieri sottraendoli al flusso del tempo e restituendoli alla scena attraverso l’iconico corpo scenico di una straordinaria interprete, icona del teatro napoletano.