Lombardia, il Pd manda in scena le primarie dei figuranti. Sui dem pesa il fattore Moratti
Nell’attesa di una schiarita su Letizia Moratti, sempre più candidata del Terzo polo in Lombardia, il Pd manda in scena le primarie dei figuranti. Nulla di deciso, s’intende, ma i nomi che si leggono – Pierfrancesco Maran, Vittorio Agnoletto, Stefania Bonaldi – non sembrano disporre della forza attrattiva per fare della competizione per la nomination un momento di partecipazione e aggregazione. Il primo è assessore milanese alla Casa, il secondo è una vecchia gloria No global, la terza è stata sindaco di Crema. Troppo poco per scaldare cuori e motori e lanciare il Pd all’assalto di Attilio Fontana.
I candidati sono Maran, Agnoletto e Bonaldi
Come se non bastasse, Maran si è auto-candidato senza simbolo di partito, quasi a rimarcare la propria autonomia. «Se sarò presidente – ha detto -, risponderò ai cittadini e non ad accordi politici». Segno che anche per lui il Pd è più un ingombro che un lasciapassare. È di tutta evidenza che a condizionare pesantemente la sinistra lombarda è soprattutto la presenza della Moratti in quota Calenda. L’ex-assessore al Welfare della giunta Fontana è una sorta di convitato di pietra. La parte più moderata dei dem sarebbe anche disponibile a candidarla. Non così il grosso del partito, per il quale il suo nome è semplicemente improponibile.
La Moratti pentita di non aver patrocinato il Gay Pride
E questo nonostante che, in un’intervista, la Moratti si sia detta «pentita» di non aver dato, da sindaco di Milano, il «patrocinio morale del Comune al Gay Pride». Marce (alquanto patetiche, in verità) di avvicinamento che finora hanno lasciato indifferenti anche i grillini. Situazione più o meno simile si respira nel Lazio, dove pure è in campo una candidatura “pesante” come quella dell’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato. Ma non per questo non circolano altri nomi. Come quello dell’ex-ministro Massimo Bray, che secondo alcune ricostruzioni di stampa avrebbe ricevuto anche l’appoggio dei 5Stelle. Ricostruzioni immediatamente smentite dallo staff di Giuseppe Conte.