Manichino di Giorgia Meloni, la delirante rivendicazione dei collettivi. Ci fanno o ci sono?

12 Nov 2022 16:34 - di Viola Longo
manichino meloni

Non è servita la condanna unanime a far riflettere i collettivi universitari di Bologna, il Cua, che nel corso della loro manifestazione hanno appeso a testa in giù un manichino con le fattezze di Giorgia Meloni. All’indomani di quel gesto, la cui violenza è stata stigmatizzata da tutte le forze politiche, il laboratorio transfemminista Cybilla, che del Cua fa parte e se lo è intestato, continua a rivendicarlo. «Un gesto simbolico che rivendichiamo. Un modo per esprimere un bisogno e una necessità, un modo per autodeterminarsi», ha detto Isabella G. militante del Cybilla, spiegando che per il clamore suscitato «siamo stupiti, ma neanche tanto» e confermando la volontà di “dare il benvenuto” al premier, quando il 24 novembre sarà in città.

I collettivi rivendicano il manichino di Meloni a testa in giù

«Ci dispiace che tutti parlino del manichino e non dei temi che ci stanno a cuore: il diritto alla casa, il reddito, la violenza femminicida, i migranti, il carovita», ha aggiunto in un’intervista a La Stampa, dando prova di una totale impermeabilità di quelle del “laboratorio” agli input e alle riflessioni del mondo esterno alla loro bolla. Nulla di quello che è stato detto a proposito del manichino, del perché si sia trattato di un gesto inqualificabile e di intrinseca violenza, sembra essere arrivato alle orecchie di queste transfemministe e della loro galassia. Il problema sono sempre gli altri, come dimostra il comunicato a caldo in cui si sottolineava che «noi indichiamo la luna e voi guardate il dito».

Il supermercato “di lusso” imbrattato? «Anche noi vogliamo cose belle»

Intervistata sui gradini di una casa occupata, Isabella G., della quale, alla luce di quello che dice, sarebbe interessante conoscere provenienza e formazione, ha anche rivendicato come metodo valido l’imbrattamento dell’ingresso di un supermercato di prodotti d’eccellenza. Un altro gesto ampiamente stigmatizzato, specie sui social dove in molti hanno criticato i metodi dei collettivi, anche tra chi ha detto di condividerne le istanze. Anche queste voci non sono arrivate nella “echo chamber”, in questo caso tutt’altro che virtuale, degli antagonisti bolognesi. «Protestare significa inceppare il meccanismo e l’obiettivo di chi fa attivismo è non fermarsi», ha detto Isabella, segnando anche un interessante cambio di prospettiva della sinistra estrema rispetto al tema del lusso: non più il frutto negativo di una società capitalista, da rifiutare come simbolo dello sfruttamento, ma un traguardo auspicabile, da rivendicare per il piacere puro piacere di possederlo.

La minaccia di dare il “benvenuto” a Meloni

«Gruppi di sinistra come il vostro non vedono il lusso in modo critico?», ha chiesto Filippo Fiorini, che firma l’intervista. «No. Perché dovremmo mangiare solo pasta e fagioli? Perché non possiamo avere tutte e tutti questa ricchezza? Anche noi vogliamo ciò che è bello», ha risposto Isabella e ci si domanda se il prossimo passo sarà una rivisitazione degli espropri proletari non più come forma di riappropriazione del frutto del lavoro operaio o di protesta estrema al caro vita, ma per avviare magari una carriera da influencer. Isabella ha quindi confermato la volontà di “dare il benvenuto” in città a Meloni il 24 novembre quando, ha ricordato, «inaugureranno il Tecnopolo e sarà installato un supercomputer». «Vogliamo avere accesso anche a quello», ha detto la transfemminista, alla quale il cronista ha opposto un bagno di realtà: «Tra voi ci sono scienziati che saprebbero usarlo?». «Stiamo lavorando per formare un gruppo», ha risposto Isabella dalla sua bolla.

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