Migranti, la destra non può fare la “faccia feroce”. La sua storia di uomini e donne discriminati lo vieta
Tolone è genius loci del governo francese. Come e perché ? Nessuno lo ricorda ? Ma è la città della prigione di Jean Valjean. Una nemesi storico-letteraria ha portato Macron a scegliere la città-simbolo dei “Miserables” di Victor Hugo come destino, oltre che destinazione, dei migranti della Ocean Viking; che è di proprietà della Mediterranee, Ong plurinazionale, ma a guida francese. No, non mi sottraggo ed entro in questo roveto di spine che è la questione dei migranti immediatamente caduta addosso al governo Meloni. Il quale è tirato da un lato e da quello opposto. Dagli intransigenti che si sentono “traditi”: criticano una pretesa continuità col passato perché tutti i migranti a bordo delle navi approdate in Italia sono fatti scendere a terra. Poi c’è l’altro fronte, la pubblica accusa progressista. A loro non basta: il governo deve aprire l’Italia non solo alle persone, ma anche alle Organizzazioni non governative, alle bandiere straniere che sventolano sui loro navigli. Insomma, chiunque e comunque arrivi, deve essere accolto, senza differenza alcuna tra aventi e non aventi diritto ad asilo; e soprattutto tra imbarcazioni con insegne di altri Stati, ancorché di nostri soci europei.
Il trauma della “prima volta” francese
Che la discussione continui, mentre la premier Meloni, armata di cappa e spada, dimostra fermezza nel difendere il confine ideale che coincide con l’interesse nazionale, ancor più col confine fisico. Lo farà anche in queste ore al G20 di Bali, dove inevitabilmente si incrocerà con i partner dell’Unione e con lo stesso presidente francese. Vediamo di farci strada, col ragionare, nel mezzo del clangore della battaglia che, adesso, coinvolge direttamente Roma e Parigi, gli stessi Meloni e Macron. Non voglio soffermarmi più di tanto sulle cadute infantili da parte del governo d’Oltralpe che minaccia ritorsioni contro il valore dell’umanità in nome dell’umanità. Vedasi il blocco del ricollocamento già concordato di 3500 rifugiati in Italia e il dispiegamento di poliziotti al confine: una parodia bellicista di esercitazioni alle frontiere, che susciterebbe ilarità se la questione non fosse così seria. “Una specie di ripicca”, accusa lo stesso Alessandro Porro che guida di Mediterranee-Italia. Su tutto svetta un primo risultato, politico certo, ma pure “umanitario”, inedito: non è mai accaduto che Parigi condividesse con l’Italia l’accoglienza di migranti arrivati via mare. Ed è la prima volta di uno sbarco in un porto francese. É questa la “rupture”, il trauma col carico di polemiche che è sceso in Francia insieme alle persone sbarcate. Macron fuori le righe si spiega con questa “prima volta” provocata dalla presidente italiana che ha osato andare contro l’istinto “imperiale” dell’Eliseo. Ma ora il governo “cugino” ha toccato con mano che vuol dire accogliere, gestire, accudire, controllare sul serio i migranti che sbarcano. E poi: si può dire ? La Francia ha creato per i migranti della Ocean Viking una piccola “Guantanamo”: una zona extraterritoriale in area portuale dove non vige uguaglianza – l’Egalité, oui l’Egalité – di diritti e garanzie per uomini e donne che stanno sul territorio nazionale. Con la differenza che i migranti non sono paragonabili agli accusati di terrorismo in Usa. Organizzazioni umanitarie e giuristi francesi stanno infatti protestando.
Diplomazia e doveri dell’Europa
E la critica di “crudeltà” contro il governo francese – non italiano – va crescendo spinta dal mondo progressista transalpino. Gli “intransigenti” di casa nostra lo sanno ? Altro che “continuismo”. Ma fermiamoci qui. Dopo questo abbozzo di “batracomiomachia” – minacciare da parte francese persino di ritirare l’ambasciatore per questa ragione è stato davvero lunare – si fa strada la ripresa del dialogo tra Roma e Parigi. Se ne sta facendo carico il presidente Mattarella con Macron, d’intesa con la premier italiana. La quale fa bene ad accompagnare la difesa della dignità nazionale, con la diplomazia. É inevitabile che con la Francia si “faccia pace”: è “in re ipsa”; anche per stabilire nuove regole di solidarietà europea: questo è il vero problema in cima all’agenda di Tajani. Averlo posto con determinazione è un altro “merito” del nostro governo. Al quale due obiezioni non possono essere fatte perché inconsistenti. La cosiddetta “regola del porto più vicino”: i migranti a bordo di una nave, al sicuro, non sono naufraghi; qualche giorno in più per raggiungere un altro porto europeo, è sempre possibile: il precedente di Tolone è importante anche per questo. L’altra, la segnala il “Foglio”: i “movimenti secondari” dei migranti sbarcati in Italia verso il Nord Europa. Ma cosa dimostrano se non che è giusto distribuirli tra i Paesi Ue al momento dello sbarco, invece di attendere che si disperdano senza controlli ?
Il richiamo del Papa a Bruxelles e la solidarietà con l’Italia
Un altro dato su cui riflettere: il pensiero del Papa che temo – è un mio sospetto eh, null’altro che un indizio – abbia scatenato il controcanto di un pezzo di vescovato. Non sarò così ingenuo di applicare i nostri schemi politicisti – destra, sinistra, sopra e sotto – alla Chiesa universale. Sorrido dinanzi alla congettura che il Papa nutra adesso qualche simpatia “meloniana”, per quattro parole dette sull’aereo che dal Bahrein lo riportava a Rom. Ma certo in quelle poche cose dette, c’è tutto lo sforzo della Chiesa di andare incontro al governo italiano e alla sua giovane premier: “In mare la vita va salvata. Ma l’Italia, questo governo, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa, la responsabilità è europea”, ha detto Bergoglio. L’Ue “non può lasciare a Cipro, Grecia, Italia e Spagna l’accoglienza di tutti i migranti che arrivano sulle spiagge”, ha aggiunto chiaro e tondo. C’è chi c’ha visto un baluginare di peronismo. Io invece vedo nelle parole di Francesco la presenza di una Chiesa esperta di umanità, “rerum humanarum peritissima”, per dirla con Paolo VI. Che, grazie alla sua esperienza millenaria, sa che la questione migratoria schiaccia tutte le sfere di potere pubblico tra i doveri dello Stato e lo statuto morale del migrante come persona: le soluzioni si devono trovare bilanciando le due esigenze. In fondo Bergoglio ha parlato – non voglio essere equivocato – anche come capo di uno Stato, sia pure sui generis, che conosce le fatiche del governo degli uomini. E si é fatto carico delle Nazioni più deboli, più esposte al fenomeno migratorio. Le quali – Italia, Malta, Grecia e Cipro – hanno colto al volo l’assist del Papà mettendo su una sorta di “fronte del porto” mediterraneo. Vedremo.
La storia della destra è lezione di umanità
Voglio, infine, soffermarmi su un “quid” di storia delle idee che, secondo me, spiega più di ogni analisi. La cultura politica della destra italiana non ha matrici etno-regionaliste. Non ha una tradizione anti-immigrazionista. Nel dopoguerra, la destra politica ha invece avuto per decenni un percorso da esuli in patria, da esiliati dall’”arco costituzionale”; un trattamento da umiliati e offesi, per dirla con Dostoevski. Diciamolo chiaro: il mondo della destra, dai suoi parlamentari nella società politica e nei media, ai suoi ragazzi nelle scuole e nelle università, ai suoi lavoratori nell’organizzazione sindacale, era l’universo dei discriminati, dei “paria” del discorso pubblico, dei reietti dell’umanità politica. La Prima Repubblica è stata anche questa storia. Certo, appare lontana, oggi che Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi. Ma la stessa premier viene da quella storia. Quando si tenta di cucire addosso alla premier un’identità feroce – che aizza violenze morali che la fanno poi disegnare a testa in giù – urta contro questa formazione “post-missina”. Che è impasto umano e politico di un piccolo mondo che doveva guadagnarsi con le unghie e con i denti il suo piccolo spazio nei confronti di un’establishment che voleva tenerla ai margini. La discriminazione subìta è un crisma laico. È una pelle. É un’anima. Di chi è stato in mezzo alla gente; marginale, povera spesso. É un sentire “sociale” che non ha mai fatto vedere, a chi milita a destra, un immediato nemico nello straniero. É un sentimento popolare dal quale non ti puoi separare e che ti accomuna a chi subisce la disperazione. Ecco: credono che una come Giorgia Meloni e gli uomini e donne di generazioni precedenti che hanno vissuto l’emarginazione propria e dei propri “padri”, oggi al vertice della Repubblica – i La Russa, Urso, Musumeci, Rampelli, Rauti, per citarne alcuni – affrontino la questione immigrazione a cuor leggero ? O che il presidente del Consiglio assuma decisioni in questo campo con animo lieve ? E non piuttosto come l’esercizio tormentato del dovere di coniugare diritti di umanità e e diritti della comunità nazionale ? La premier sa che il governo degli uomini è sempre accompagnato dal Tragico. Da scelte dolorose. Quella dell’immigrazione lo è. Segna la nostra storia. Di europei. Ma la fermezza può generare nuove solidarietà e più umanità: è questa la scommessa in Italia e in Europa della destra al governo. E della prima donna che guida l’Italia. Anche contro quelli, come scrive il grande Hugo, “confondono con le costellazioni degli abissi le stelle che le zampe delle oche lasciano nella melma del pantano”.