Migranti, Nordio: «L’accordo di Dublino va rivisto. L’Italia non può essere l’unico approdo»
«La linea del governo è sacrosanta. Dobbiamo mandare a tutti il messaggio che l’Italia non è, o almeno non è più, l’unico principale stato di approdo dei migranti, che poi ne curi la permanenza». Carlo Nordio è ministro della Giustizia, ma non si tira certo indietro se c’è da sfrontare la questione migranti. Tanto più che essa va ad impattare sul suo dicastero se si prende in considerazione la popolazione carceraria, la cui percentuale di immigrati – ricorda il Guardasigilli in un’intervista al Messaggero – «arriva talvolta al cinquanta per cento» per alcuni tipi di reati.
Nordio intervistato dal Messaggero
Che fare, dunque? Nordio non ha dubbi: modificare gli accordi di Dublino. Anche perché ormai sono diventati carta straccia. «Se l’accordo di Dublino fosse applicato davvero – spiega il ministro -, i migranti raccolti dalle navi Ong straniere dovrebbero esse portati, magari dopo i primi soccorsi urgenti, negli stati di bandiera delle imbarcazioni, perché quello è lo Stato di primo accesso». In proposito Nordio cita il diritto internazionale e l’articolo 4 del codice penale, secondo cui le navi «sono Stati che galleggiano». Ma finora questo principio aureo non ha trovato applicazione pratica. In più, sottolinea il Guardasigilli, la firma in calce all’accordo di Dublino risale a «quando questa problematica era molto diversa».
«La crisi con la Francia rientrerà»
Anche in questo caso Nordio ricorda due pilastri del diritto internazionale: «Pacta sunt servanda» e, soprattutto, «rebus sic stantibus», ossia se cambiano le condizioni, si cambiano gli accordi. Principi basici che il ministro non mancherà di evidenziare nel corso della missione che a giorni svolgerà in Francia, dove incontrerà il suo omologo d’Oltralpe. La situazione tra Roma e Parigi è tesa come non mai proprio per la questione migranti. Ma Nordio non è pessimista. «La Francia – ricorda – è un grandissimo paese amico, e Napoleone era in realtà un italiano». Quanto agli screzi attuali, minimizza: «Le liti, vere o costruite, avvengono più spesso proprio tra affini. L’ira degli amanti è l’integrazione dell’amore».