Morte Attanasio, “non garantirono la sicurezza della missione”: a processo due dipendenti Onu

15 Nov 2022 12:44 - di Redazione
Attanasio

Sull’omicidio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo il 22 febbraio dell’anno scorso, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di due dipendenti del Programma alimentare mondiale (Pam), agenzia dell’Onu. Entrambi indagati per la vicenda. Si tratta di Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza. Come già in fase di chiusura delle indagini i fatti lasciavano intuire, ai due dipendenti, il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Sergio Colaiocco, contestano il reato di omicidio colposo.

Omicidio Attanasio, pm di Roma chiedono il processo per due dipendenti Onu

Leone e Rwagaza organizzarono la missione del nord del Paese africano durante la quale i due italiani furono uccisi. Secondo l’ipotesi degli inquirenti, che risulta in linea con gli esiti dell’inchiesta interna all’Onu, i due avrebbero «omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia, ogni cautela idonea» necessaria a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam. Un impegno che prevedeva la percorrenza della strada Rn2. Sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare».

Secondo gli inquirenti «non garantirono la sicurezza della missione»

Pertanto, la Procura di Roma che lo scorso febbraio ha chiuso le indagini sul duplice omicidio, contesta il delitto di omicidio colposo agli organizzatori della missione. Un viaggio nel Nord Kivu, del 22 febbraio 2021. In particolare, per gli inquirenti al lavoro sul caso, come spiegarono in una nota, gli indagati avrebbero «attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu. Indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, quelli di due dipendenti Pam.

Morte Attanasio e del carabiniere Iacovacci, il pasticcio sui tempi di comunicazione del viaggio

In modo tale da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio». «E ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima». Inoltre i due indagati «avrebbero omesso, in violazione dei protocolli Onu, di informare cinque giorni prima del viaggio, la missione di pace Monusco. Che è preposta a fornire indicazioni specifiche in materia di sicurezza. Informando gli organizzatori della missione dei rischi connessi. E fornendo indicazioni sulle cautele da adottare. (Come una scorta armata e veicoli corazzati)».

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *