Nel mondo di Attilio Bertolucci: il romanzo in versi e l’estetica del rimpianto
Roma come è noto è città sorniona, accattivante che a ogni angolo offre possibilità di convergenze. Di affascinanti frangenti d’incontri. Frutti che maturano in percorsi articolati e complessi. Tracce di circostanze. Aura magica, che rimane imbrigliata nel vissuto urbano. Non mi riferisco a testimonianze dell’Antica Roma, con l’arabescato spettro di emozioni e considerazioni che suscita. Bensì a un contesto di strade e quartieri forgiati di contemporaneità. Per essere più precisi, al giovane quartiere romano di Monteverde che figura nei piani regolatori solo dal 1909. In uno dei fabbricati sito in quel circondario, Via Carini, si venne a determinare una concentrazione di energie artistiche culturali e visionarie, che marcheranno significativamente la seconda metà del ‘900 nazionale. In quella strada infatti trasferendosi dalla sua Parma nella Capitale, il letterato e poeta Attilio Bertolucci scelse di fissare la residenza sua e della sua famiglia. Era nato il 18 novembre del 1911.
Attilio Bertolucci, l’amicizia con Pasolini
Nucleo di personaggi, è proprio il caso di dire, votato alle arti a cominciare dal patriarca Attilio, passando per i figli. I futuri registi Bernardo, le cui opere raggiungeranno notorietà internazionale; e Giuseppe. Arrivando quindi alla figura di Ninetta. Moglie e madre, discreta e centrale nelle dinamiche umane e artistiche dei congiunti. Il poeta giovava riconoscente degli illuminanti contributi di consigli e suggerimenti, dei quali era prodiga la consorte. Opinioni che erano tenute in grande considerazione da tutti. In aggiunta di questo potenziale espressivo dei Bertolucci, che era già di suo ragguardevole, il poeta convinse l’amico Pierpaolo Pasolini a venire a vivere nello stesso stabile. Fu proprio Attilio, di undici anni più anziano dell’autore degli “Scritti corsari”, ad aiutare Pasolini, oltre a diventarne strettissimo amico, procacciandogli lavori editoriali presso la Guanda prima e Garzanti poi. Alcuni sono elementi peculiari, al consolidarsi dell’amicizia tra i due poeti, da tenere in dovuta considerazione.
Attilio Bertolucci e Roma
L’esperienza condivisa in periodi differenti dell’essere stati allievi del critico e storico dell’Arte Roberto Longhi. Il docente, forgiò il gusto estetico e critico di generazioni d’intellettuali. Fu lui che a partire dalla sua tesi del 1911, ripropose all’attenzione del grande pubblico Caravaggio e la sua opera. Giunto a Roma, lo scrittore di Parma in avanscoperta per così dire, rispetto al resto della famiglia, fu ospitato per un certo periodo da Longhi stesso. Con l‘ex docente infatti aveva preso corpo un solido rapporto fatto di confidenze e complicità culturali. Nella Città Eterna, raggiunto dai componenti famiglia si stabilì definitivamente a Monteverde.
Bertolucci, era nato da una media famiglia della borghesia agraria, il 18 novembre del 1911 in un piccolo paese in provincia di Parma, San Prospero di Parma. Precocissimo, a sette anni scrive poesie. Negli anni “30, insegna al Convitto Maria Luigia di Parma, Istituto del quale era stato allievo, diventando docente d’Italiano e Storia dell’Arte. Nel 1929, appena diciottenne pubblica “Sirio”, raccolta poetica che verrà seguita da “Fuochi in Novembre”. Negli anni ‘30, poeti e scrittori quali Vittorio Sereni, Mario Luzi, Carlo Bo, Giacinto Spagnoletti tra gli altri, sono partecipi di un’intelaiatura di rapporti di Bertolucci che costituirà un significativo contributo all’evoluzione della cultura italiana.
Nel 1943, la famiglia Bertolucci a causa dell’incrudelirsi degli eventi bellici e dei temibili rastrellamenti messi in atto dalle SS si andò a rifugiare nel piccolissimo paese di Casarola. Luogo di nascita del padre di Attilio, ove disabitata e malmessa il poeta aveva la disponibilità della abitazione. Anche dopo il trasferimento a Roma, Casarola rimarrà luogo d’ispirazione per il poeta. La frazione, esercitò una tale attrazione su di lui, da indurlo a trascorrervi abitualmente le vacanze estive. Borgo che fu teatro naturale di avvenimenti quali il primo filmato in 16 mm nel 1956 girato da Bernardo, ambientato nel piccolo centro.
La rivista “Il gatto selvatico”
Grazie, all’innata capacità d’intuire le necessità per una grande impresa di rilevanza internazionale come l’ENI azienda che dirigeva, la mente illuminata di Enrico Mattei decise di dare vita a un periodico aziendale. Il mensile “Il gatto selvatico” uscì nel 1955. Per la direzione di esso Mattei scelse il poeta originario della zona di Parma. La scelta operata a favore di Bertolucci anticipava e sottintendeva che la rivista sarebbe stata aperta a contributi culturali. Ad essa infatti collaborarono Giorgio Caproni, Goffredo Parise, Natalia Ginzburg solo per citarne alcuni. Qualche anno prima nel frattempo contemporaneamente al suo trasferimento nella Capitale, veniva assegnato a Bertolucci il Premio Viareggio per la raccolta di poesie “La capanna indiana”. Racconto in versi, modalità espressiva che affinerà e svilupperà nella successiva opera “La camera da letto”.
L’anti- ermetismo
L’autore parmigiano, aveva scelto, ricercato e preziosamente affinato modalità espressive che lo ponevano distante, se non in netta contrapposizione con la poesia ermetica. Stilema poetico che annoverava tra le sue fila alfieri quali Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale. Salvatore Quasimodo. Orientamento per il quale fu coniato dal critico Francesco Flora in senso dispregiativo la definizione ermetismo, intendendo per essa poesia oscura, labirintica, di riferimento a stati d’animo di non facile individuazione degli autori. Bertolucci al contrario con la sua modalità di racconto in versi con lirica limpidezza, invita il lettore nella casa dei suoi turbamenti, osservazioni, passioni che si gonfiano come vele, sotto lo sferzare del vento del fluire del tempo.
La raccolta “La camera da letto”
Un porto d’approdo rassicurante di fronte a questo ruvido destino è costituito da La camera da letto. “Romanzo famigliare e al modo antico” come recita la dedica che l’autore evidenzia nell’edizione Garzanti del 1988. Volume nel quale sono raccolte le due parti nella quale è articolato lo scritto. Sicuramente un abbrivio indicativo dell’opera del poeta nel suo complesso è costituito dalle atmosfere diréverie che propone declinate in vari modi. Quest’aspetto non è certo riepilogativo dell’avvertita coscienza dell’intellettuale. Vivendo le frontiere della controversa sua contemporaneità. Esperienza, alimentata anche dalle letture della realtà, che l’amico Pierpaolo elaborava con estrema acutezza e precisione. Alcune delle quali, spiazzavano conformisti in servizio permanente effettivo. La grande, profonda complicità che dilagava negli interstizi del più autentico sentire dei due poeti, era il vibrare di un acceso rimpianto. Esso verteva sulla incapacità di emanciparsi dai valori e dalla fragrante schiettezza, del declinante universo contadino.
Malinconia e rimpianto
Questa consapevolezza, era una malinconia che come una minacciosa pianta rampicante s’inerpicava sui loro versi. Sarebbero forse rimasti rassicurati da quanto ebbe a dirmi un anziano fattore: “La terra non muore mai. Lo tenga bene a mente”. Riportare versi di La camera da letto a questo punto ci sembra necessario: “… il vento si placava, declinando il giorno sui crinali di un calore cui conveniva accucciarsi, cavando pane e formaggio per la cena”.