Orrore di Repubblica contro Piantedosi: il delirante editoriale di Merlo contro il titolare del Viminale

11 Nov 2022 19:16 - di Alberto Consoli
Piantedosi

Francesco Merlo  ha trovato un altro bersaglio, dopo Giorgia Meloni. Matteo Piantedosi, su cui scaraventare a profusione epiteti e ragionamenti agghiaccianti. L’offesa elevata a editoriale. A margine delle pagine di Repubblica sui migranti e sulla tensione tra Italia e Francia, l’editorialista fa un ritratto dei suoi, dipingendo il titolare del Viminale come un “simbolo del branco Meloni e della nuova ferocia italiana”. Come? – si chiede Merlo – lui, ex democristiano “mite”, figlio di un preside, “cortese, e liberale nei modi,  era il buon prefetto, sposato con una signora prefetto, Paola Berardino, esperta di Integrazione”. “Piantedosi, che è stato vice e “allievo” della più stimata dei prefetti, Annamaria Cancellieri”, come ha fatto a diventare così?

Fango di Merlo su “Repubblica”: “Piantedosi simbolo della nuova ferocia italiana”

Arriva un crescendo delirante. “Per quali oscure vie Matteo Piantedosi sia arrivato a caracollare impettito in testa al branco, più a destra della destra; protagonista a sorpresa di un autoritarismo bon ton, di una violenza di governo che esordì subito spavalda alla Sapienza; quasi volesse marcare il territorio con un po’ di botte agli studenti (…) E, francamente, si rabbrividisce: Piantedosi come uno che vuole marcare il territorio menando gli studenti”. Rabbrividiamo noi di fronte a parole in libertà e ad affermazioni che distorcono i fatti con un eloquio inaccettabile. A Piantedosi viene dato del fascista, violento, autoritario e feroce. “Molto meglio di Salvini, se l’è caricata tutta sulle spalle la ferocia della nuova Italia”. Poi Merlo arriva a dargli arddirittura del “servo”.

Su Repubblica Merlo dà del violento e feroce al ministro Piantedosi

“È il modello di terrone che il vecchio Sud selezionava per Roma, del “servo sono”; servo persino del “razzismo gentile” e del “fascismo liberale” che ripudia le camicie nere, le carnevalate di Predappio”.  Poi rimarca che quella tanto citata espressione -“carico residuale” –  rivela “la disumanità del funzionario cieco e sordo; del “servo sono” appunto, interiorizzato sino al fanatismo”. E a coronamento della follia arriva il riferimento a “Jack Nicholson che, nel film del 1994, “Wolf, la belva è fuori”, dopo essere stato morsicato da un lupo, diventa licantropo. Jack Nicholson delimita appunto il proprio territorio improvvisamente orinando sulle scarpe dell’avversario, “. “E il nostro Piantedosi, morsicato da Salvini, lo delimita manganellando gli studenti di sinistra”. Pietà.

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